Palmira, 272 d.C.
Sono la regina Zenobia, sto scrivendo a te, celebre imperatore Aureliano, per rispondere alle lettere nelle quali provi a convincermi a dichiarare la resa della mia città, Palmira.
Ti sto scrivendo dal di sopra di queste mura assediate dal tuo esercito, mentre conto i giorni di libertà che rimangono a me e al mio popolo.
Il sole sta morendo all’orizzonte come muore il mio Impero, e il giorno termina rapido come la mia indipendenza.
Dici che mi darai salva la vita se cedo all’assedio, prometti di non chiudermi in prigione se deciderò di arrendermi; ma la mia vita è il mio regno, la mia gente, e il sogno che ci ha portati fin qui.
Sono stata una donna forte e disonesta – ritenuta colpevole dell’omicidio di mio marito Odenato – e divina per la mia discendenza seleucide. Col passare del tempo ho capito che sono celeste e terrena, bianco e nero, uomo e animale ma anche bene e male. Tutto è relativo in questo mondo: ciò che importa è la Storia.
Alla morte di mio marito, ho preso il comando di Palmira; sembrava che la città si fosse illuminata come fuoco sotto il mio sguardo, come se quel pezzo di universo appartenesse da sempre a me soltanto. Una volta preso il comando, ho conquistato Palestina ed Egitto con l’aiuto del mio stratega Zabdas, fedele generale: dico adesso di lui, mentre è con me a guardare il sole che tramonta tra le nuvole cupe della sera.
Il nostro ambizioso obbiettivo era quello di creare un Regno indipendente rispetto ai domini romani che intanto subivano invasioni dai Goti e dai Parti. La ribellione era nell’aria e sembrava libertà.
La mia città, Palmira, era la rappresentazione concreta del sincretismo: qui coesistevano etnie, lingue, usanze e religioni diverse. Il mio popolo era pronto a ribellarsi e a dichiararsi autonomo dall’Impero Romano, sotto il mio comando. Abbiamo iniziato così a istituire una corte, frequentata da generali e intellettuali, filosofi e stranieri, ricchi e poveri. L’indipendenza la controllavamo e custodivamo attraverso la supervisione del commercio tra Oriente e Occidente; l’economia dell’Impero era nelle nostre mani.
Abbiamo conquistato prima la Giudea e l’Arabia romana; poi, alla morte di Claudio II, abbiamo attaccato l’Egitto e, una volta presa Alessandria, mi sono autoproclamata regina. Nel frattempo Zabdas conquistava l’Anatolia e la Galazia.
Avevamo fatto crollare l’Impero Romano e adesso quel colosso tremava al nostro cospetto come fragile vetro.
Quell’anno sei salito al potere tu, Aureliano, la mia maledetta condanna. Battevo moneta con la mia unica effigie, il popolo mi riconosceva come ‘Augusta’, sua sovrana; avevo il potere dell’intero Oriente e questo ti faceva paura perché sapevi di non potermi controllare.
Allora hai riconquistato Bitinia ed Egitto fino in Siria; ad Antiochia i nostri eserciti si sono scontrati, tu hai vinto ma mi hai lasciata scappare via nel deserto. Ricorderò per sempre la mia fuga: tutti i giorni erano incubi ricorrenti, vedevo il miraggio dolce della morte e la voragine dell’oblio; e poi c’eri tu, la mia ombra che mi inseguiva provocandomi deliri diurni.
Ho raggiunto Palmira aiutata da tribù nomadi, e mi sono preparata all’assedio.
Ed eccoci qua a inviarci lettere provocatorie mentre vedo la mia città, un tempo così gloriosa, morire come il sole calante.
Imperatore Aureliano, visto che hai pazienza, prova a prendermi perché non mi arrenderò mai; è in gioco la mia libertà e quella del mio popolo.
Agata Berto, classe II E Liceo Pilo Albertelli
Bibliografia:
Lorenzo Braccesi, Zenobia l’ultima regina d’Oriente. L’assedio di Palmira e lo scontro con Roma, Mosaici, Salerno editrice, Roma 2018
Eva Cantarella. Giulio Guidorizzi, Oriente Occidente, vol.2, Mondadori Education, Milano 2018
Grazie mille!
Bella soddisfazione per i miei ragazzi e per tutto il Liceo
Michela Nocita
Liceo Classico Pilo ALbertelli
Grazie a voi. E alla prossima!
Stay tuned!
Meravigliosa iniziativa!!!
Gaia de Beaumont (nonna di Agata Berto – II E – di cui avete pubblicato il racconto) .
Spero di leggerne altri.
Grazie mille! Certo ne leggerà anche altri. Bellissimi