Dite un po’: chi ha fondato Roma? Voi lo sapete, vero? Perché è di Roma che parleremo in questo libro, anzi di Romani, Romani nati o Romani innamorati (uomini, donne, re, pittori e santi che hanno voluto passare la loro vita a Roma, perché l’hanno trovata bella e strana, anche se erano nati in Svezia, in Veneto o a Lugano), alcuni così famosi che tutti li conoscono, dalle Alpi all’Equatore fino ai Poli, altri più riservati, più discreti.
Oltre che narrativo, il proposito è squisitamente didascalico: restituire alla memoria presente, casomai si fosse offuscata o presentasse delle lacune, storie di uomini e donne a cui è indissolubilmente legato il passato della città di Roma, ma che hanno visto – come spesso accade – riconosciuta la loro grandezza, fama, bravura soltanto dopo la morte.La scelta dei personaggi non è casuale né scontata. “Amo le sfide,” scrive Carola Susani, e infatti non tutti i personaggi scelti sono quelli che ci si aspetterebbe in un libro dedicato alla storia di Roma – a parte gli onnipresenti Enea, Cesare, Augusto che risulta difficile ignorare –, ma molti di essi sono probabilmente del tutto sconosciuti al lettore che, dopo averne ripercorso la storia, rimane sinceramente stupito e magari desideroso di digitare il loro nome su Google per saperne qualcosa di più.
Una curiosità: quattordici personaggi sono maschili e sei femminili, anche se poi nel caso delle Sabine se ne devono contare molte di più di una sola. Un intero popolo di donne: quanto basta perlomeno per ristabilire la parità tra i sessi.Si comincia con Evandro, il re degli Àrcadi che abitò sul Palatino prima che Romolo e Remo fondassero Roma, e che fece dell’ospitalità il principio ispiratore della sua vita. Tra gli altri, ospitò Enea quando l’eroe troiano, in fuga dalla città di Troia in fiamme, giunse nel Lazio. E proprio a Enea è dedicato il racconto immediatamente successivo che ruota attorno alla descrizione di una delle statue più famose di Gian Lorenzo Bernini (di cui pure si narra qualche pagina più avanti), esposta alla Galleria Borghese: Enea che fugge con il padre Anchise sulle spalle e al suo fianco il figlioletto Ascanio. Un’immagine che riporta alla mente quella di tanti profughi siriani in fuga dalla guerra con al seguito la propria famiglia. Stessa disperazione, stesso smarrimento negli sguardi, stesso destino.
Si prosegue con le Sabine – le donne che ai Romani, bravi solo a far la guerra, insegnarono le regole del vivere civile –; con Numa Pompilio, il secondo re di Roma, sposo della ninfa Egeria; con Giulio Cesare, con il gladiatore Spartaco, fino ad arrivare a Gesù Cristo, colui che con la sua venuta al mondo segna un spartiacque nella storia dell’umanità che tuttora persiste e che serve, sui libri di storia, per indicare quanto è accaduto prima della sua nascita e quanto dopo.
Ma è tra i Romani meno antichi che troviamo le prime sorprese. Per esempio Jacopa de’ Settesoli. Non so voi ma io di questa donna, che fu amica di San Francesco e che fondò l’Ordine dei Terziari, uomini e donne laici votati a Dio, non sapevo nulla. E la scena di Jacopa accorsa al capezzale di San Francesco, ancor prima di sapere che lui le aveva inviato una lettera per metterla al corrente della sua morte imminente, mi è rimasta impressa. Un uomo e una donna, uniti da stima e affetto, che si tengono per mano e si fanno compagnia nel momento in cui l’uno sta per passare a miglior vita.
Sulla stessa lunghezza d’onda è la storia di Santa Francesca Romana, giovane appartenente a una nobile famiglia della capitale – siamo a cavallo tra Trecento e Quattrocento – che la costringe suo malgrado a sposare a soli dodici anni un uomo molto più grande di lei. Ancora un altro tema, quello delle spose bambine, che ha origini lontane e che ben si presta a una riflessione corale tra adulti e minori. La storia dunque – e gli uomini e le donne che l’hanno scritta – diventa un pretesto per riflettere sul mondo odierno, ragionare sui vantaggi del progresso – se c’è stato -, ammettere che qualcosa per fortuna è mutato, e riconoscere gli errori che ostinatamente si ripetono.
Tra i Romani più vicini a noi, Carola Susani annovera i giovani studiosi di fisica, tra cui Enrico Fermi, che in via Panisperna a Roma arrivarono a bombardare il nucleo dell’atomo coi neuroni lenti. Erano l’immagine di un’Italia migliore, pieni di entusiasmo e idee, ironici e scherzosi. Il loro sogno, però, si infranse con la guerra, nel momento in cui alcuni di essi decisero di usare a scopo bellico i risultati delle proprie ricerche. Si dispersero e non si sarebbero ritrovati mai più.
A ciascun personaggio è collegato un monumento o un luogo simbolo di Roma, illustrati in apposite schede che si accompagnano ai singoli racconti e che sono corredati da mappe per localizzarli facilmente. Il libro si presta, dunque, a una doppia lettura: narrativa e divulgativa, quest’ultima funzionale a una visita ai luoghi storici di Roma – il Palatino, il Campidoglio, il Gianicolo, il Pigneto e così via – citati nei diversi racconti. Il doppio registro lo rende tra l’altro un libro adatto non soltanto ai bambini ma anche agli adulti che spesso, quando sono con la famiglia in visita turistica in una città, sono quelli che guidano il gruppo – cartina e guida alla mano – alla scoperta dei monumenti.
La scrittura di Carola Susani è essa stessa un invito al viaggio. Come sempre calibrata, asciutta, aulica all’occorrenza ma senza eccedere, offre al lettore la possibilità di abbandonarsi al racconto per poi, sollecitato e incuriosito, andare di persona a verificare quanto letto: i luoghi, gli indirizzi, i cambiamenti intervenuti col tempo nella geografia della città. E il passaggio dall’antico al moderno nel volgere di poche pagine, contribuisce a estendere lo sguardo storico dei lettori – soprattutto quelli più giovani – e farli sentire parte di un flusso che li sovrasta e li comprende ma che non dovrebbe mai lasciarli indifferenti.
“Perché coloro che vogliono cambiare il mondo guardano sempre indietro oltre che avanti per ispirarsi, per prendere la rincorsa: succede sempre.”
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