Pare proprio di essere in Etruria con quel cielo terso, quel corridoio di pietre (il dromos) che ti inoltra fin nel cuore del tumulo, le radici che impediscono il passaggio, e la porta d’ingresso di pesantissima pietra. Poi, dentro, alla luce fioca di torce immaginarie, la camera sepolcrale alta e quadrata, le pietre che si aggiustano a formare un tondo e si chiudono fino alla cima, e i due letti per i defunti ai lati.
Ci sono anche i defunti stessi, o per meglio dire ci sono le loro sagome, circondati dagli oggetti autentici portati con sé nell’aldilà: gioielli, qualche vaso greco, qualche bucchero, statuette. Però non siamo in Etruria: siamo al MArTA, il Museo archeologico nazionale di Taranto. E ci troviamo all’interno di una ricostruzione del Tumulo di Poggio Pelliccia che sta nel territorio di Vetulonia. Pare vero ma è un’opera d’arte. Di cartapesta.
Un tumulo etrusco per viaggiare nel tempo
Perché la cartapesta è molto più che tradizione e carnevale, carri allegorici e maschere. È vera arte e produce miracoli. Come il tumulo dove ci troviamo, opera dell’artista Nicola Genco di Putignano. Un’opera unica, mai tentata prima. E riuscita! Ti fa percepire, netto, l’ingresso in un altro mondo, il passaggio dalla vita alla morte, o forse a una vita diversa dove la staticità dei corpi è compensata dalla volatilità delle anime.
Quegli oggetti posati sui corpi come in antico, paiono proprio accompagnare una persona reale. E raccontano la devozione dei parenti, la scelta degli oggetti per i loro cari defunti, magari le discussioni e le liti tra loro, ma poi anche il tornare assieme periodicamente nella tomba. Uniti. Tutto, in questo capolavoro di cartapesta, è palpabile e reale.
È la ragione del suo successo: fa toccare con mano il passato, fa sentire il contatto con la vita vera di allora. Racconta facendo spettacolo, e anche promuovendo una tradizione pugliese importante come quella della cartapesta. Lancia così un ponte tra le due regioni e tra passato e presente. È una scommessa pienamente vinta dalla direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti, vista la proroga fino al 20 giungo dell’apertura del tumulo e della mostra a cui è collegato.
Taras e Vatl
Perché il tumulo è parte di un ampio progetto, Taras e Vatl, con cui Eva Degl’Innocenti e Simona Rafanelli, direttrice del Museo civico Isidoro Falchi di Vetulonia, hanno voluto riflettere sulla ‘globalizzazione’ mediterranea nei secoli tra il VII e il V a.C., cioè i secoli dell’apogeo di Vetulonia e di utilizzo del tumulo. Con una mostra a Vetulonia l’estate scorsa, un convegno a Taranto a novembre e con la mostra tarantina, si è gettata nuova luce sugli scambi e i rapporti ad ampio raggio tra Egeo orientale, Grecia, Magna Grecia ed Etruria che hanno dato vita a un ‘gusto’ diffuso ovunque.
La mostra del MArTA, curata da Eva Degl’Innocenti e Lorenzo Mancini, fa notare come gli oggetti di Poggio Pelliccia e quelli delle tombe di Taranto siano giunti dai medesimi luoghi: le ceramiche da Corinto, le coppe da Rodi, i balsamari a forma di animale e poi, nel V secolo, le multiformi ceramiche attiche.
E se non c’erano gioielli nella Taranto greca dei secoli in cui i metallurghi etruschi producevano splendori, le popolazioni italiche dell’Apulia avevano ori a non finire. Un esempio per tutti, in mostra, è la parure di dama da una tomba di Ruvo di Puglia, magnificamente portata da un sontuoso busto di donna in cartapesta, anch’esso opera del maestro Nicola Genco.
In sintesi: se sei una città legata al mare, come lo furono le antiche Taranto e Vetulonia, sei destinata ad aprirti al mondo e divenire parte di una comunità grande che scambia e condivide i beni e ancor più le idee. È inevitabile, è nella natura delle cose. Ma perché tali cose accadano davvero, ci vuole sempre qualcuno che dia il la, che indichi la via. Ci vuole un visionario. Con Taras e Vatl, Degl’Innocenti e Rafanelli hanno offerto la loro visione, fatta di arti e storie antiche e moderne, a tutti noi.
Complimenti! Una bellissima realtà
Concordiamo in pieno. Il MarTA è museo attivissimo e molto presente in città. Le sue iniziative fanno sempre centro