Alzi la mano chi ha visitato il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli. Sicuramente pochi, pochissimi. Anche tra chi abita da quelle parti. Eppure, è a due passi dal centro, leggermente più a valle del centro. “Ma le signore non vogliono fare quel po’ di discesa e salita che c’è, così i loro figli non li portano”, lamentano i custodi del Santuario. E così i bambini di Tivoli sono privati di un luogo dove potrebbero fare un’infinità di attività educative e divertirsi e imparare davvero.
Un luogo unico
Perché è un luogo fantastico e unico. Costruito a partire dal II secolo a.C., è una terrazza enorme realizzata con sostruzioni ardite, alte fino a 50 metri, sul lato che strapiomba sull’Aniene. Una terrazza con portici su tre lati, un tempio al centro e di fronte a lui il teatro. Una costruzione simile ad altre coeve e ugualmente spettacolari, ma con una particolarità in più: vi passa sotto l’antica via Tiburtina Valeria, in galleria, con botteghe e magazzini da un lato, e le possenti sostruzioni dall’altro. Insomma: sopra il ‘sagrato’, sotto il mercato. Il Santuario era il principale luogo di commerci e riscossione di dazi tra le terre dei Romani e quelle dei Sanniti. E concedeva prestiti applicando interessi. Era insomma una fabbrica di denaro.
Archeologia industriale
Ma non è finita qui. Dopo il tramonto dell’evo antico, vi si costruirono chiese, si coltivarono vigne e orti, e dal Seicento in poi le sue strutture furono riutilizzate per edifici industriali. Fino a che nell’Ottocento la disponibilità d’acqua e gli sbalzi di quota furono sfruttati per una centrale idroelettrica, la prima al mondo a produrre corrente elettrica alternata capace di viaggiare per chilometri e giungere fino a Roma. Risale al 1886 questo nostro primato mondiale che ovviamente non conosce quasi nessuno. Anche perché poi, in virtù dell’acqua, nel Santuario si impiantò pure una cartiera, e centrale e cartiera continuarono a operare fino agli anni Sessanta del secolo scorso.
Manifestazioni e mostre
Ci sarebbe abbastanza per un parco/museo spettacolare con percorsi alternati tra archeologia classica e industriale. In verità l’antico è un po’ raccontato, mentre le industrie quasi per nulla. Dopotutto, come dicevamo, non ci va quasi nessuno. Non servono a lanciarlo neppure le manifestazioni cultural-gastronomiche che si organizzano sotto i portici della terrazza, invero assai poco pubblicizzate.
Non servono le mostre allestite tra le sue belle sale espositive, ricavate in ambienti dell’antica cartiera. Mostre che opportunamente spaziano dall’antico al moderno. L’anno scorso si è ragionato sul mito di Niobe – la donna del mito costretta a vedere i suoi figli uccisi uno dopo l’altro dalle frecce di Apollo e Artemide – e si è indagata l’evoluzione nei secoli dell’iconografia della violenza.
Eva vs Eva
Quest’anno (fino al 1 novembre) è la volta di Eva vs Eva sulla “duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale”, come recita il sottotitolo. Occidentale e maschile, si dovrebbe dire. Di un maschio che ha sempre visto la donna o come madre e angelo del focolare, e per questo anche santa, oppure come tentatrice, sanguinaria, maga. Insomma è una carrellata di stereotipi ma presentati con garbo, benché senza particolari novità.
La parte sulla santità della donna è al Santuario di Ercole, e quella su violenza, magia e tentazione a Villa d’Este, visto che dal 2017 appartengono entrambi al medesimo istituto autonomo del Mibac diretto da Andrea Bruciati. E la scelta di spezzare la mostra in due è ingegnosa, così che parte dei numerosi visitatori di Villa d’Este s’incuriosiscano e si allunghino fino al Santuario.
Santuario di Ercole Vincitore: un luogo dimenticato
Non c’è però un biglietto unitario, ognuno fa per sé. E a Villa d’Este non sanno neppure dare indicazioni su come raggiungere il Santuario. Eppure sta a pochi passi dalla Villa, di là del muro. Però servirebbero più promozione, una gestione diversa del cancello del giardino di Villa d’Este che si apre a pochi passi dal Santuario, e servirebbe istruire il personale d’accoglienza affinché dia informazioni esatte, e si adoperi lui stesso per far conoscere il Santuario.
Neppure la comunicazione social del Santuario è accattivante. Per ora, insomma, è uno spazio fantastico ma sottoutilizzato e poco condiviso con i cittadini. Sicuramente non mancano le difficoltà di ordine burocratico e amministrativo, ma forse con un po’ di inventiva e buona volontà si potrebbe fare almeno qualche passo in più. Stiamo parlando di una pagina importante della storia di Roma e della storia dell’industria mondiale, e per giunta spettacolare. Merita molto più che un ruolo da comparsa. Merita un investimento degno del suo nome.
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