Capita sempre più raramente di emozionarsi a una mostra, specie se è una mostra di archeologia. A Pompei e Santorini, alle Scuderie del Quirinale, io mi sono emozionata. Ho sentito il vulcano esplodere dentro di me, provando quel misto di terrore e impotenza e fascino che è di tutti noi, di fronte ai grandi cataclismi naturali. Ho vissuto insomma nel mio corpo il sentimento del ‘sublime’, come oramai lo chiamiamo, e non l’ho solo visto nei quadri di Turner o di Guttuso in mostra.
Mi sono immedesimata nelle vittime delle eruzioni, tutte le eruzioni vulcaniche del mondo, ammirando i calchi pompeiani magistralmente accostati ai capolavori moderni che vi si sono ispirati, da Medardo Rosso ad Arturo Martini, da Anthony Gormley a Giuseppe Penone, da Allan Mc Collum a Jan van Oost.
Ho provato un brivido vero nel vedermi accolta dal Bevitore di Arturo Martini, lì a terra di fronte a me, la sua sete materializzata nella sua posa dolorosa e drammatica, mentre dietro a lui il dramma si faceva ancor più potente nei calchi delle due vittime dalla Casa del Criptoportico di Pompei, quei calchi stessi che hanno fatto scattare in Martini l’idea.
Mi sono sentita sul vulcano e dentro il vulcano, e poi sbattuta in qua e in là e tra le onde dello tsunami, e infine superstite tra terre che non sono più come prima, mentre vivevo la video installazione su Stromboli di James Graham e quella, superba, di Francesco Jodice su Santorini, realizzata proprio per la mostra.
Una mostra immersiva
Non ero, però, in una mostra ipertecnologica, anzi! In un’epoca in cui l’innovazione pare venire solo dalla tecnologia, questa mostra rivendica con forza la priorità dell’idea. Emoziona perché è immersiva al massimo e lo fa con un allestimento sobrio ed elegante, com’è del resto nella tradizione delle Scuderie del Quirinale. Ha saputo insomma creare l’atmosfera giusta: di terrore ed empatia di fronte ai cataclismi e ai loro effetti, e di comunanza di fronte alle testimonianze della vita precedente la catastrofe.
Perché la mostra non narra solo due grandi catastrofi naturali della storia, ma anche e soprattutto come queste abbiano traghettato nel futuro i mondi che hanno travolto. Così quando, millenni dopo, l’archeologo ha scavato e li ha riscoperti, quei mondi sono riemersi in tutta la loro ricchezza e complessità e quotidianità. Sono tornati a vivere e hanno cominciato a dialogare con noi moderni. A plasmare l’immaginario nostro e di quelli che verranno. Quei mondi non moriranno mai più. Grazie alle catastrofi e al lavoro degli archeologi, sono diventati eterni.
Pompei e Santorini
Ecco dunque che la mostra ci invita a dialogare davvero con quei mondi. Gli affreschi, le statue e gli oggetti di vita quotidiana da Pompei sono splendidi e tuttavia già noti a chi conosce bene la città. Però non si sono mai visti come ora. Sono presentati in modo arioso così da apprezzarli al meglio. Accostati tra loro e immersi in quinte non necessariamente veritiere ma verosimili, che trasmettono la sensazione di essere proprio lì, di vivere lì, di vederli e usarli. Insomma ti entrano dentro.
Di Santorini, poi, non si è mai visto nulla di simile. Pareti e pareti di affreschi, fantastici. E oltre cento vasi dalle forme e dimensioni più disparate, e dai decori che dialogano con gli affreschi. Tutto mai uscito prima dalla Grecia, e in certi casi anche dai magazzini. Vasi enormi per contenere cibi, arnie decoratissime, catini giganti per fare non si sa cosa, brocche cerimoniali dal becco d’uccello e la pancia a mammelle, corni per bere a forma di animale o conchiglia o chissà che altro, tavoli per i sacrifici. E poi macine, ami, e tutto il mobilio di legno di cui rimangono i calchi.
Mi sono sentita proiettata in un altro mondo. Ho sognato. Sono diventata cicladica. E poi sono tornata me stessa, nell’ultima sala della mostra che mette un po’ tutto assieme: il passato, le catastrofi che l’anno distrutto e celato per millenni, e l’archeologia che l’ha riscoperto.
Mi sono immedesimata nella fanciulla pensierosa negli scavi di Pompei di Filippo Palizzi. È una sensazione che ho sempre avuto, guardando quel quadro arcinoto che ho persino usato per anni nei miei power point, ma questa volta è stato diverso. Il coinvolgimento che la mostra ha provocato in me, mi ha fatto rivivere l’emozione del contatto diretto col passato come mai prima d’ora.
Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno
a cura di Massimo Osanna e Demetrios Athanasoulis, con Luigi Gallo e Luana Toniolo
Roma, Scuderie del Quirinale
fino al 6 gennaio 2020
Catalogo Arte’m e L’Erma di Bretschneider
info: www.scuderiequirinale.it
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