“Buona sera, arriviamo direttamente dal doposcuola, c’è un posto dove lasciare le cartelle?”, mi chiedono due signore un po’ trafelate, ma anche visibilmente contente, che tirano due zaini con le rotelle. “Certo, lì dietro ci sono gli armadietti con le chiavi, vi accompagno!”
Sono le 19 del 25 marzo e l’atrio scintillante di Nuvola, il nuovo quartier generale di Lavazza a Torino, è pieno di bimbi che si arrampicano sulle sedute di design a forma di chicchi di caffè e di mamme con visi sorridenti incorniciati da shayla e hijab. Ad accoglierli c’è il direttore del museo Lavazza con i membri del suo staff, tre archeologhe piuttosto emozionate e un mediatore culturale di origine egiziana con un aplomb invidiabile derivato da anni di lavoro nelle realtà museali della città.
Cosa fanno tutti lì oltre l’orario di chiusura?
Un museo per la comunità
È la prima serata di NuVola di Comunità, un progetto di public archaeology sviluppato in partnership con l’Università di Torino, il Museo Lavazza e il Community Engagement di Lavazza.
Può l’archeologia diventare un ponte per coinvolgere e integrare comunità appartenenti a culture ed etnie differenti? Questo si sono chieste tre archeologhe con background molto diversi, e questo è lo scopo del progetto: attraverso la visita all’area archeologica paleocristiana di San Secondo e al Museo Lavazza, le comunità dei quartieri Aurora e Barriera di Milano vengono raggiunte, accolte e rese parte dell’identità storica della città.
È questa la storia che voglio raccontare, di come sia nata l’idea, di come l’iniziativa abbia preso vita e di come il progetto sia entrato nel programma di Community Engagement di Lavazza, grazie alla collaborazione tra università, territorio e impresa.
Una bella storia…
Sono un’archeologa e il rischio è che io incominci a raccontare di quando c’erano i Taurini sulle rive del Po e della Dora. Ma mi concentro, faccio uno sforzo enorme e mi limito ad andare indietro solo fino alla primavera del 2013, quando sono incominciati i lavori per la costruzione di Nuvola, il nuovo Centro Direzionale Lavazza.
Il luogo scelto dall’azienda è stato il quartiere Aurora, la vecchia periferia industriale nord della città, caratterizzata da ingombranti ruderi di vecchie fabbriche, da una edilizia residenziale tipica dei quartieri operai e da una popolazione multietnica in continuo cambiamento.
Si tratta di una parte di Torino che la famiglia Lavazza ha sempre considerato importante, perché è qui che sono stati costruiti i primi due stabilimenti di stampo veramente industriale dell’azienda; l’intenzione era di riqualificare una grossa porzione del quartiere, ricollegando i due tratti di via Pisa separati dal vecchio complesso Enel e di creare uno spazio di condivisione aperto ai cittadini.
Per questo motivo il progetto dell’architetto Cino Zucchi comprendeva, oltre all’edificio principale e sede degli uffici, disegnato con linee morbide e superfici riflettenti per essere inclusivo, anche un museo sulla storia della famiglia e dell’azienda, uno spazio dedicato agli eventi ricavato all’interno della vecchia centrale Enel, e una grande area verde aperta a tutti.
…e una bella scoperta
La zona era ad alto rischio archeologico, poiché si trova lungo la strada che portava a Vercelli e Milano, e la Soprintendenza si aspettava di trovare l’estensione della necropoli romana di età medio imperiale. Un archeologo ha monitorato costantemente il lavoro delle ruspe e alla fine di luglio ha individuato prima una, poi più di cento tombe e tre mausolei funerari. E una novità sorprendente: una basilica paleocristiana aveva inglobato due dei mausolei diventando testimonianza della prima comunità cristiana di Torino.
Il sito, di enorme importanza storica e di grande rilievo nel panorama del patrimonio archeologico di Torino, è stato scavato, poi restaurato e musealizzato. Oggi è visibile da via Ancona attraverso una grande vetrata a forma di occhio, un’altra espressione della volontà di collegare la realtà di Nuvola con l’esterno, con le persone.
Tre archeologhe sul campo
Io, Ilaria e Marianna siamo tre archeologhe, ma siamo molto diverse per età e per esperienze: io sono la più vecchia, sono una freelance e lavoro da anni sul territorio piemontese e all’estero. Sono una medievista, ma mi occupo soprattutto di archeologia di emergenza. Ilaria Cimino è un’egittologa, ha anni di esperienza nella didattica museale e attualmente lavora come operatrice didattica al Museo Egizio. Mentre Marianna Ceppa è la più giovane del gruppo, ma ha già maturato una notevole esperienza come coordinatrice di musei e come operatrice all’interno di progetti culturali.
Come ci siamo conosciute e cosa abbiamo in comune? Sicuramente la passione per l’archeologia, la convinzione profonda che la conoscenza del passato possa diventare mezzo di condivisione e… la Scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Torino.
Uno dei corsi che ci ha coinvolte di più nel 2021, il nostro primo anno, è stato Archeologia Pubblica, tenuto dai professori Carlo Lippolis e Vito Messina. Le lezioni dal taglio seminariale hanno avuto lo scopo di farci sviluppare un progetto di public archaeology realistico e basato su contesti conosciuti. È così che è nato NuVola di Comunità, con videochiamate di ore, scambi di idee e pure qualche litigata.
Ci aspettavamo che tutto finisse con il giorno dell’esame, ma i professori hanno intuito le potenzialità del progetto e ci hanno proposto di rispondere al bando di Terza Missione del Dipartimento di Studi Storici. Non speravamo di vincere, invece un attimo dopo stavamo bussando alle porte di Lavazza per proporre l’idea.
Nasce NuVola di Comunità
Il gruppo direzionale del Museo e del Community Engagement di Lavazza hanno accolto con entusiasmo NuVola di Comunità e la possibilità di far diventare Nuvola e l’area archeologica di San Secondo dei simboli identitari del quartiere, attraverso una progressiva appropriazione culturale da parte di chi il quartiere lo abita; dei luoghi di incontro, coinvolgimento e interferenza culturale. L’obiettivo è la formazione di una nuova identità di comunità, basata sulla percezione del passato come patrimonio comune, come una ricchezza in cui persone di religioni, lingue e culture differenti possano identificarsi.
Il progetto si è concretizzato nell’organizzazione di tre eventi, tra la primavera e l’inizio dell’estate 2022 (il 25 marzo, il 29 aprile e il 27 maggio); sono tutti venerdì e la durata di ogni incontro è di circa 1 ora e 30 minuti, in orario preserale.
La prima parte dell’evento è dedicata alla visita all’area archeologica di San Secondo (della durata di 45 minuti), in cui il gruppo dei partecipanti è accompagnato da un archeologo e da un mediatore culturale. La serata prosegue con una passeggiata all’interno del Museo Lavazza e termina con un momento conviviale all’interno dell’area Experience del Museo Lavazza, dove il caffè diventa ancora una volta il tramite di eccellenza per creare condivisione e dialogo.
La collaborazione con le associazioni di quartiere (Generazione Ponte, Gruppo Abele, Bagni pubblici di via Agliè, M.A.I.S.-Bunker e ACP) ben radicate nel territorio, è stata fondamentale per coinvolgere la comunità e permettere la partecipazione al progetto anche alle persone che non padroneggiano la lingua italiana. Fondamentali anche il sostegno e l’accoglienza di Lavazza, senza i quali il progetto non avrebbe potuto concretizzarsi.
Tanti chicchi in tazza bianca
Le prime due serate sono state un successo e sono state accolte con entusiasmo e sorpresa da chi ha partecipato. Sul bancone dell’area Experience sono state affiancate due tazze, una bianca e una blu, la prima da riempire di chicchi di caffè in caso di gradimento, la seconda in caso si avessero dei suggerimenti per qualcosa da migliorare: entrambe le volte, la tazza bianca ha incominciato a straripare. Mentre bimbi dalla carnagione olivastra giocavano sotto ai tavoli con bimbi dagli occhi a mandorla.
E alle mamme e papà che chiacchieravano tra loro, con i mediatori culturali e con gli operatori delle associazioni sorseggiando dei sorprendenti cocktails al caffè, io Ilaria e Marianna abbiamo chiesto quali fossero le impressioni sulla serata. Tutti hanno mostrato interesse e soprattutto sorpresa per una iniziativa così innovativa e per la bellezza delle due realtà, Nuvola e l’area archeologica. Ci erano passati tante volte davanti, ma non si erano mai avvicinati.
L’archeologia e l’accoglienza hanno funzionato meravigliosamente come ponti: Lavazza si è detta entusiasta di aver raggiunto persone fino a quel momento lontane, e di essere diventata per due sere la “casa del quartiere”.
NuVola di Comunità potrebbe davvero diventare un appuntamento fisso nelle prossime programmazioni del calendario eventi di Lavazza. Una nuova “casa” per tutti.
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