Museo Tolomeo: per ciechi ma non solo

3 Dicembre 2020
Il Museo Tolomeo, all’interno dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna, aiuta tutti noi a ‘vedere’ in modo diverso il mondo

Museo Tolomeo è wunderkammer.

Lo dice il video di presentazione del museo, ed è quel che ho pensato anch’io quando mi sono trovata immersa in quella stanza chiusa e buia, affastellata da strumenti incomprensibili e meravigliosi che ti spalancano al mondo.

Per questo si chiama ‘museo’, perché ti fa vedere quel che non avresti mai visto, e immaginare mondi altri e diversi. E ti fa sognare: Museo Tolomeo è il luogo delle possibilità e delle opportunità. Per tutti.

Miracoli della tecnologia

Si trova all’interno dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna. È museo anche perché raccoglie gli strumenti ideati negli anni per insegnare ai ciechi a leggere e scrivere. Per ‘far vedere’ a chi non può vedere. Per un profano, sono proprio strani e alcuni paiono realizzati un secolo e più fa, e assomigliano molto alle attrezzature che Guglielmo Marconi ha ideato per parlare a distanza, e che si vedono oggi nella sua casa a Sasso Marconi, a pochi chilometri da lì. Dopotutto il conte Francesco Cavazza, fondatore dell’Istituto, era contemporaneo di Marconi.

Sono dunque tutti strumenti da toccare, e toccando ognuno di essi produci una musica diversa, e si muove qualcosa di diverso dentro di te: scopri e vedi una parte di mondo riflessa dentro di te. Paiono fatti proprio per stimolare l’immaginazione attraverso il tatto, ognuno studiato scientificamente per un tipo di immaginazione precisa. Sembrano antiquati ma ti fanno capire a pieno la potenza della tecnologia, la sua capacità di offrire possibilità infinite a chi pareva averle precluse.

Una visita che non è mai solo visita

Sono andata al Museo Tolomeo in un pomeriggio d’inverno di un paio d’anni fa. Ero a Bologna per lavoro e ho telefonato a Fabio Fornasari, il suo direttore che avevo incontrato a un convegno tempo prima. Un incontro veloce, due parole e uno scambio di recapiti o poco più. Fabio mi dice “vieni”. Non sapevo cosa aspettarmi. Di certo non mi aspettavo una stanza buia e tecnologica.

Fabio mi fa entrare, nell’oscurità. Gli strumenti sono posti sopra un enorme tavolo senza spigoli, una sorta di nuvola di cui bisogna seguire i contorni, per non farsi male. Ti guida il tatto. Non ricordo tutto quel che ho toccato ma ricordo le mille sensazioni diverse che ho provato, i mille luoghi dove la mia immaginazione mi ha portato: prati immensi di papaveri e colline di girasoli, e poi alte montagne e poi e poi…

Un luogo di scoperta

Museo Tolomeo non è solo quella stanza, ma è anche altre stanze dove Fabio e i suoi collaboratori inventano attività sempre diverse per ciechi e non solo. Per chiunque voglia aprire i propri orizzonti e scoprire un modo diverso di percepire il mondo. È museo anche perché è luogo di incontro tra le persone più diverse, luogo di scambio dove lo scambio e l’ascolto consentono scoperte sempre nuove. Non ci sono più tornata, ma ci devo tornare. Per forza.

Anche per capire meglio quelle mappe stranissime appese a una parete della stanza buia. Mappe cieche, ovviamente. A rilievo ma simili a quelle che ci metteva davanti all’esame il professore di Storia antica, chiedendoci di indicare il paesello più recondito e insulso della Grecia che solo io e pochissimi altri sapevamo riconoscere (e se sbagliavi, non cominciavi neppure l’esame).

Anche le piante del Museo Tolomeo si rivelano per indovinelli, però non sono sterili ma vive. Specie quella grande di Bologna. “Hai presente l’uomo di Leonardo?” mi chiede Fabio. “Ecco. Bologna è fatta come lui. Qui il corpo, qui le gambe, e la testa e le braccia”. Quella mappa, mappa da toccare, fa capire al tatto come una città sia un organismo vivo, e non solo perché vi ferve la vita. Perché l’urbanistica stessa è viva e produce vita.

Tolomeo perché?

Museo Tolomeo, qualsiasi cosa tu sia mi sei rimasto nel cuore. Aspettami, tornerò. Sicuro. Voglio imparare a scoprire quel mondo che non coglierei neppure senza di te. Come affermi tu stesso, ti chiami Tolomeo perché metti al mondo “un modo diverso di guardare il mondo”. E’ un mondo fatto innanzitutto di fiducia, di capacità di affidarsi all’altro. Per i ciechi è inevitabile, mentre noi dovremmo impararlo molto di più. Perché è sicuramente un mondo molto umano.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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