“C’è troppo silenzio Rosetta…”
Ottone chiude il giornale, lo posa su un angolo del tavolino e vi appoggia sopra gli occhiali da lettura, come fa sempre; si alza e va ad aprire la finestra.
“Cosa vuoi che ti dica! Da quando è scoppiata l’epidemia di Coronavirus, non si vede più anima viva!” esclama Rosetta indaffarata al lavandino, a lavare l’insalata per il pranzo.
“E noi per fortuna abbiamo un pezzo d’orto; pensa a quei poveri anziani che vivono in città, costretti a rimanere in casa senza fare nemmeno due chiacchiere coi vicini. Quelle sì sono brutte situazioni Ottone!” puntualizza la moglie.
Ma l’anziano non sembra convinto, abituato com’è a darsi da fare con la legna, la campagna e i tornei di briscola con gli amici al bar in piazza; l’epidemia lo costringe a osservare il mondo dalla finestra e a rinunciare alle sue vecchie abitudini. Rosetta invece non sembra troppo turbata: pulisce, rassetta la casa, lavora a maglia, prega e legge i suoi romanzi, come sempre.
Dalla finestra, Ottone non vede molto movimento: il loro è un paese con pochi abitanti che si anima solo in estate grazie a chi trascorre le vacanze in montagna, nella casa costruita da nonni e genitori prima di emigrare.
Dalla finestra, però, Ottone vede l’ingresso del Museo delle palafitte di Fiavé. Conosce ogni stanza di quel museo, ogni suo oggetto. Lo ha visitato molte volte, portando i suoi nipoti ai laboratori e alle attività didattiche che si organizzano in estate.
“Sai Rosetta, si sente che il Museo è chiuso! In questo periodo, di solito, si inizia a sentire il chiasso delle scolaresche che giocano nel parco del Museo! Ora invece c’è solo un gran silenzio!”
Rosetta annuisce: “sono fortunati gli scolari di oggi! Possono conoscere il loro passato, vedere e toccare con mano oggetti unici! Ti ricordi Ottone quando il maestro Perini, che dirigeva gli scavi archeologici alla torbiera, ci ha mostrato quel pugnale in bronzo? Ricordo ancora come fosse ieri l’emozione che ho provato nel toccarlo: un oggetto così antico! Pensa a quanta abilità e fatica nel costruirlo. L’archeologia è proprio una disciplina affascinante!”
Ottone continua: “se non sbaglio quel pugnale è esposto in museo al secondo piano, non lontano dal grande ago in legno, il mio reperto preferito! Mi ricorda la mia infanzia, quando con mio padre andavo alla torbiera a cavare la torba e a tagliare le canne palustri per confezionare le fascine dei tetti; gli adulti usavano strumenti simili per cucirle e fissarle poi alle travi. Quanta fatica e quanti ricordi!”
L’anziano sorride alla moglie e continua: “sono finiti i tempi in cui ci si svegliava all’alba per andare a mungere le capre e le mucche a mano nelle stalle. Oggi per fortuna la tecnologia aiuta. Quanta fatica per trasportare i secchi di latte al caseificio o portare le bestie al pascolo…”
“Già… basta burro fatto in casa!” esclama Rosetta, ricordandone il sapore buono con un pizzico di nostalgia. “Quanto ne ha fatto la mia mamma! Lo stampo e la zangola erano sempre in uso. Se ci pensi, Ottone, il vivere della nostra infanzia era simile a quello dei palafitticoli. Molti degli oggetti che usavano loro, li abbiamo adoperati anche noi! Lo stampo per il burro, il secchio, i frullini e i cucchiai che sono esposti al Museo, sono come quelli che mia nonna aveva nella credenza… e mia nonna non è mica vissuta nella preistoria!”
I due anziani sposi scoppiano in una sonora risata. Poi Ottone fissa il suo sguardo su un punto lontano e, dopo qualche attimo di silenzio, esclama: “quello che dici, Rosetta, mi fa riflettere… penso che sia davvero importante raccontare ai nostri figli e nipoti quello che abbiamo vissuto noi e quello che ci hanno lasciato i palafitticoli molto tempo prima. Forse li potrebbe aiutare ad affrontare il futuro più consapevolmente, a prendere decisioni migliori per tutti!”
“Hai ragione, Ottone, ai nostri tempi la comunità contava molto più del singolo, e sospetto che anche nelle palafitte ognuno tutelasse la collettività… Era un’esigenza: ‘l’unione fa la forza’ diceva qualcuno…”
“Ad ogni modo, cara Rosetta, speriamo che questa emergenza passi presto perché non sai quanta voglia ho di fare un giro al Museo! Vorrei portarci Giovannino per mostrargli quei due animaletti di creta che tanto mi piacciono, e gli dirò che, da bambino, anche il nonno si costruiva i giocattoli da sé, dopo la scuola, tra un lavoro e l’altro.”
Ottone si affaccia alla finestra proprio mentre Elena, la custode, sta entrando nel parco del Museo per il consueto giro di controllo.
“Buongiorno signor Ottone, come andiamo questa mattina?” esclama la donna rivolta all’anziano.
“Andrà tutto bene signora” esclama l’uomo. “E mi saluti il mio Museo!”
Ottone sorride, è contento, sono arrivate le rondini a Fiavé: presto costruiranno i loro nidi sotto il tetto del suo Museo, e le loro grida si mescoleranno a quelle dei bambini nel parco.
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