Lidia Vignola vive a Caserta e ha una bambina, e per amore della sua bimba ha scritto La memoria del fuoco. Per poterle spiegare, un giorno, cosa bruciava nella Terra dei Fuochi e cosa ha significato essere archeologa in quella terra e in quegli anni. La sua è una storia molto personale e appassionata dove l’autobiografia ha la meglio sulla fantasia. È un manifesto e una denuncia senza peli sulla lingua, e rivela tutta la sua anima combattente.
Lidia ha combattuto all’università contro i baroni e sui monti del casertano contro le cave, sullo scavo contro chi sottopaga gli archeologi e nei siti archeologici perché fossero accessibili anche ai diversamente abili, contro le istituzioni per il riconoscimento della propria professione e per il rispetto e i diritti delle donne. Combatte ogni giorno contro un servizio sanitario che nella Terra dei Fuochi è fatiscente. È insomma una donna in trincea, ma non c’è rabbia nel suo sguardo né nelle sue parole. Solo determinazione e dolcezza. Nel libro parla di “onore” di chi a testa alta sa di essere dalla parte del giusto. Di chi lotta per la giustizia. Contro la malavita ma anche contro chi sa e tace, e chi dovrebbe controllare e invece non vede.
Lidia conosce la delinquenza organizzata sin da quando, studentessa, scavava l’antica Cales, odierna Calvi risorta. Tra studenti dovevano fare i turni di guardia notturni, per timore che i clandestini trafugassero quel che andavano scavando. Hanno subito minacce e si facevano coraggio a vicenda. Insomma Lidia ha toccato presto con mano il cinismo e la violenza del traffico illecito di reperti archeologici. E in un luogo che ha ospitato, anche se lei allora non lo sapeva, la discarica sotterranea di rifiuti tossici più grande d’Europa.
Poi Lidia ha lavorato, come archeologa, alla tratta TAV Roma-Napoli, e ha visto un suo amico e collega morire di tumore. Difficilmente si potrà collegare quella morte all’amianto e ai rifiuti tossici che gli archeologi trovavano scavando la terra. All’acqua che bevevano e ai cibi contaminati che mangiavano. Come è difficile anche adesso collegare l’impennata di decessi per tumore proprio i Fuochi. Persino il rapporto dell’Istituto superiore di sanità è stato già ridimensionato e discusso, ma proprio per questo Lidia continuerà a combattere. Perché non ci si può arrendere di fronte all’evidenza.
Non si può continuare a tacere per timore di perdere quel poco di lavoro che c’è, sottopagato. Perché solo “la verità vi renderà liberi” (dal Vangelo di Giovanni). E la verità, stratigraficamente parlando, è questa:
“Primo strato: humus. Datazione? Età dei fuochi. La memoria del Fuoco”.
0 commenti