Medusa è la morte, lo sguardo che pietrifica chiunque lo incroci. È il nulla, l’annientamento di ogni vivente. Il mostro più “mostruoso” di tutti. Ma allora perché gli antichi la ritraevano ovunque, persino in un capolavoro prezioso come la Tazza Farnese? E come hanno fatto Dante e Virgilio a liberarsi di lei semplicemente coprendosi gli occhi?
Il terzo episodio di Divina Archeologia Podcast, realizzato da Archeostorie® e NWFactory.media per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, affronta con forza un tema non facile. Le atmosfere sonore sono cupe, terribili e terrificanti, mentre pare di sentire attorno a sé i sibili minacciosi delle serpi che Medusa ha per capelli.
Storia di Medusa
Si racconta però che Medusa in fondo è buona. O meglio era buona, ed era una bellissima ragazza tramutata in mostro da una perfida dea Atena, perché osò accoppiarsi col dio Poseidone all’interno di un tempio della dea. Almeno così dice il mito. Ma da più parti si insinua che Medusa in realtà fu violentata dal dio, e poi punita per un torto non commesso ma subito. Come accadde a tutte le mortali di cui Zeus ‘s’innamorò’ – si dice – e poi subirono l’ira di Era, loro e i loro figli. E a tutte le donne violentate e poi punite, o costrette a matrimoni riparatori.
Medusa era buona e bella ma poi, tramutata in mostro, è diventata una furia. Non spaventa troppo Dante perché i mostri dell’Inferno, in verità, non lo spaventano davvero, consapevole com’è che la sua via nell’aldilà è tracciata e nessuno la può fermare (anche se, con Medusa, deve arrivare il Messo celeste a ricordarglielo).
Medusa non spaventa neppure quegli antichi che indossavano la sua immagine o la tenevano con sé. Erano tipi forti, capaci di guardare in faccia i propri lati oscuri – rappresentati mitologicamente dai mostri – e dominarli, proprio come ha fatto Dante attraverso la sua Commedia. Medusa, nella sua bontà, costoro li sapeva proteggere, colpendo col suo sguardo gli avversari.
Sguardo di rabbia e rivalsa
Uno sguardo potente che non uccide solamente ma pietrifica, trasforma in materia fredda e inanimata senza via di scampo. Uno sguardo che ha il sapore amaro della rabbia, immensa e senza fine: la rabbia di tutte le donne che hanno subito violenza nel mondo. Ha però anche la forza della rivalsa, contro tutti gli sguardi traviati di uomini verso le donne. Medusa non è rimasta inerme ma ha colpito: ha usato la sua nuova condizione, e le sue nuove armi, come strumento di giustizia.
Legge 442 del 15 settembre 1981: l’Italia finalmente abolisce dalla propria legislazione il ‘delitto d’onore’ e il ‘matrimonio riparatore’. Finalmente si afferma che certe ‘violenze’ non si possono mascherare da questioni di ‘onore’. Finalmente viene premiato il coraggio di Franca Viola, la donna che per la prima volta nel 1966 si era rifiutata di sposare l’uomo che l’aveva rapita e violentata, condannandolo al carcere.
Forse, se Medusa dalle nebbie del mito si materializzasse nell’Italia d’oggi, sarebbe Franca Viola.
Le citazioni dalla Commedia sono quasi d’obbligo: la descrizione della palude mefitica dove Medusa è regina (Inferno IX, 31-33); l’invocazione delle Erinni, che chiedono aiuto a Medusa per scacciare il mortale Dante dalla turrita Città di Dite (Inferno IX, 49-53); la citazione ricorrente nella Commedia “vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole”; la descrizione di Virgilio che protegge Dante perché non rimanga pietrificato dallo sguardo di Medusa (Inferno IX, 55-60).
Buon ascolto! E nel prossimo episodio parleremo dell’imperatore Traiano. Cosa? È personaggio noioso? Un po’ sì. Ma il ‘nostro’ Traiano vi sorprenderà.
Ascolta l’episodio 3: Medusa
Ascolta “DIVINA ARCHEOLOGIA PODCAST: Ep.3 Medusa” su Spreaker.
Divina Archeologia Podcast
Realizzato da Archeostorie® e NWFactory.media per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Testi: Cinzia Dal Maso e Andrea W. Castellanza
Atmosfere sonore: Erica Magarelli e Francesco Sergnese
Regia: Sebastian Paolo Righi
Grafica: Gloria Marchini
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