La riscrittura dell’Odissea di Carola Susani, pubblicata da laNuovafrontiera junior con le illustrazioni di Lucia Scuderi, prende le mosse da una scelta precisa: raccontare il libro e non la storia di Ulisse. È una scelta inconsueta e poco percorsa, tanto più apprezzabile se si considera che il libro è rivolto ai bambini (dai 7 anni in su): quasi un monito a imparare a riconoscere il vero eroismo più che nel coraggio di Ulisse che acceca il Ciclope, sfida le tempeste e lotta contro il fato avverso, nella quotidiana resistenza al sopruso di Telemaco e Penelope. Insomma, un eroismo rovesciato ed estremamente attuale.
A tal proposito, un elemento ricorre più volte nel libro e mostra l’umana fragilità dei personaggi ritratti dall’autrice: è il pianto, prima di sofferenza, poi di nostalgia e infine di gioia.
“Io non riesco a cacciarli e chissà se mai ne avrò la forza. Aiutatemi voi, fateli andare via, voglio star solo con il dolore che mi tocca,” così disse e scoppiò a piangere.
È Telemaco a parlare, è stremato e avvilito e davanti all’assemblea dei capi non riesce più a trattenere le lacrime. Ormai il regno di Itaca è alla mercé di uomini che banchettano tutto il giorno e pretendono che sua madre scelga il prima possibile uno di loro da incoronare nuovo sovrano dell’isola. La situazione è alla deriva, e a lui non rimane che partire per cercare notizie di suo padre e capire se è ancora vivo.
Intanto Ulisse, naufragato sull’Isola dei Feaci e accolto come uno straniero alla corte del re Antinoo, piange senza freni nell’ascoltare il cantore Demodoco che narra le vicende del cavallo di Troia. Il pianto lo scuote “come una donna che stringe il corpo del suo compagno mentre la trascinano via per farla schiava” e lo costringe alla resa: rivela ai suoi ospiti la sua vera identità e chiede loro di aiutarlo a tornare a casa.
Ed è infine il pianto a siglare il momento del ricongiungimento prima tra Ulisse e Telemaco, e poi tra Ulisse e Penelope. Le lacrime sciolgono gli animi induriti dall’attesa e inaspriti dalla violenza subita, lavano via la sofferenza, restituiscono serenità a una famiglia per troppo tempo divisa.
“Penelope chiuse gli occhi e si sentì molle, si gettò su di lui, piangendo. Come i naufraghi desiderano la terra quando gettati fra le onde guardano affondare la nave distrutta dal vento, così Penelope desiderava il suo compagno e non riusciva più a staccarsi dal suo collo.”
Al centro dell’Odissea di Carola Susani vi è, dunque, un’intera famiglia provata dall’assenza di colui che ne ha irrimediabilmente condizionato il destino: Telemaco cresce senza un padre, Penelope è per anni costretta a subire le pressioni e le provocazioni di uomini ostili, Anticlea, madre di Ulisse, muore di crepacuore e suo padre Laerte è un povero vecchio che ha ormai cura solo del suo orto. È questa una storia, a ben vedere, difficile da raccontare ai bambini, perché per farlo bisogna spiegare cos’è la sofferenza, la perdita, l’abbandono. E il finale non è meno amaro se si considera che, per riportare l’ordine sull’isola, è necessario scatenare una rappresaglia feroce a cui solo l’intervento degli dei pone fine.
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L’Odissea di Carola Susani – alla sua terza prova di riscrittura dei classici antichi dopo Miti romani e l’Eneide – restituisce intatta, senza edulcorarla o stemperarla, la forza epica del poema omerico e la profondità e complessità delle relazioni umane, la brutalità della vendetta, l’implacabilità degli dei sempre pronti a manovrare i propri eroi come marionette in un teatrino. La sua scrittura, lungi dall’essere un filtro per osservare a debita distanza, è uno strumento che aiuta a immergersi appieno nelle vicende, “con i piedi e con le scarpe,” per capire che in fondo Ulisse, Telemaco, Penelope e gli altri sono simili agli eroi e alle eroine del nostro mondo, e che forse ciò che li rende immortali è proprio la loro straordinaria umanità.
Anche la scelta della lingua risponde al preciso intento di non alterare i toni epici originali, semmai restituirne intatta la potenza. Così parole e immagini di uso quotidiano si mescolano con termini rari e desueti, in un alternarsi continuo di antico e moderno. Le illustrazioni di Lucia Scuderi, dai tratti essenziali e i colori pastello, i volti sognanti o malinconici, scandiscono i momenti topici della storia e aiutano il lettore a figurarsi nella mente com’era per davvero il mondo descritto da Omero.
In tempo di feste, è bello regalare storie perché sono quelle di cui davvero non ci si stanca mai e che non passano mai di moda. Regalare l’Odissea di Carola Susani ad un bambino è poi un regalo doppio perché vuol dire non solo offrirgli un libro meraviglioso da sfogliare e rileggere tutte le volte che lo vorrà, ma anche fargli dono di un pezzetto di memoria che lo aiuterà a decifrare meglio il mondo attorno a sé.
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