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3. L’incidente delle scarpe - Archeostorie Magazine

3. L’incidente delle scarpe

10 Luglio 2019
IL GUERRIERO FANTASMA. Un giallo controcorrente dalla terra dei Sanniti. Terza puntata: L'incidente delle scarpe

Due gemelli, Maio e Laria, diversissimi. Un addestramento militare, pesantissimo per il mansueto Maio. Discorsi su un Guerriero Fantasma che si aggira tra le tombe. Una scritta a carbone sul muro: inquietante. Cos’altro potrà mai accadere?

 

E poi c’è stato l’incidente delle scarpe.

Era un giorno solenne: si celebrava il funerale del vecchio Stazio Trebio, un pezzo grosso del villaggio vicino. Si mormorava che sarebbe stato sepolto con un corredo ricchissimo.

Ero abbastanza rilassato. Come aveva detto mia sorella, tutto quello che dovevo fare era marciare dietro il cavallo di papà sostenendogli la coda e cercando di non farmi prendere a calci.

Lei, invece, era nervosissima. Doveva danzare insieme a nostra madre e alle altre donne aristocratiche. Ed essendo la ragazza nubile di rango più elevato, avrebbe anche dovuto accogliere i guerrieri con il vino dell’ospitalità, sotto gli occhi di tutta la comunità riunita.

A colazione non ha toccato la polenta di farro col miele, che di solito è il suo piatto preferito.

E quando siamo usciti di casa non ha spiccicato parola, lei che non sta zitta un momento.

«Combinerai un disastro» le ho sussurrato. «Inciamperai nel mantello o qualcosa del genere e tutti scoppieranno a ridere.»

Laria, da vera artista, è riuscita a darmi un pizzicotto senza farsi notare dai nostri genitori, ma io non ho fatto la spia. Potevo permettermi di aspettare. Lei non sapeva ancora nulla dello scherzetto che le avevo preparato.

«Mi raccomando, comportatevi bene» ha detto papà quando siamo arrivati nella piazza del villaggio. «Fate onore alla stirpe dei Numisii!»

È stato allora che ho cominciato ad avere qualche dubbio.

Ma ormai era troppo tardi. Mamma aveva salutato papà con un bacio e si era allontanata con Laria per mano, diretta alla necropoli, il punto d’arrivo del corteo funebre.

Cos’avrei potuto dire a quel punto?

«Vieni, Maio» ha detto papà. «Buio comincia a innervosirsi.»

Buio è il suo cavallo. Non mi stupiva che fosse nervoso. Quella bestiaccia è sempre nervosa, almeno quando a montarla sono io. Mi avrà buttato per terra un miliardo di volte.

Però, con le briglie rosse sul pelo nero, le decorazioni metalliche che brillavano al sole e il pennacchio sulla testa, era davvero magnifico. Papà aveva indossato il suo elmo da parata, con due grandi corna di bronzo e una cresta di penne bianche. Insieme formavano una coppia perfetta. Io trotterellavo dietro di loro, facendo del mio meglio per darmi un tono.

Gli altri cavalieri e i guerrieri appiedati ci hanno salutati con rispetto. I ragazzi più giovani indossavano un semplice mantello, come me. Nessuno di loro mi ha rivolto un sorriso o una parola amichevole. Ho sentito più che mai la mancanza di Mamerco, che ci aspettava a casa con i suoi grandi sorrisi e le sue storie improbabili.

La processione è stata una pena. Faceva caldo, l’aria era piena di mosche che infastidivano i cavalli. Buio non era affatto entusiasta di sentirsi la coda impigliata e continuava a sbattermela in faccia. Avanzavamo a passo di lumaca, preceduti da due servitori degli Stazi che trasportavano un immenso vaso di bronzo, il pezzo forte del corredo funebre. Era un antico cimelio di famiglia e Stazio Trebio vi era molto legato.

Quando siamo arrivati alla necropoli, tra i segnacoli e i monticelli di pietre che indicavano le tombe, non ho potuto fare a meno di pensare al Guerriero Fantasma. Certo, gli spettri non amano la luce del sole, però…

Anche Stazio Trebio il Giovane, il figlio del defunto, sembrava molto nervoso. Continuava a guardarsi intorno e abbaiare ordini al suo servo, un uomo robusto coi capelli rasati. Forse aveva sentito le voci e temeva che il fantasma sbucasse fuori da una tomba nel bel mezzo della cerimonia.

Poi il citaredo ha attaccato una melodia vivace e io ho dimenticato tutto il resto.

La danza incatenata è così bella: le braccia delle ballerine si intrecciano, i piedi si muovono in sincronia, come un volo d’uccelli. Si salta, ci si scuote e ci si inchina. Servono molta pratica e una coordinazione perfetta.

Non dovrei dirlo, ma io ballo molto meglio di Laria. Invece mi tocca danzare di nascosto, nei campi, senza musica e senza uno straccio di pubblico. L’ho già detto che tutta questa storia della nobiltà di nascita è una fregatura? Ecco.

Papà mi ha dato una gomitata e mi sono accorto che, soprappensiero, avevo cominciato a battere i piedi a ritmo. Mi sono subito irrigidito in una posa marziale e sono tornato a seguire la cerimonia.

Mia sorella si muoveva con la grazia di un tronco di pino. Indossava una veste giallo acceso e un mantello rosso, ma tutta quell’eleganza non faceva che renderla ancora più impacciata: un’anatra goffa in uno stormo di gru. Come prescriveva il rituale, aveva i piedi nudi e un velo sui capelli.

Ho sorriso tra me.

Laria si è staccata dal gruppo e ha sollevato una coppa di vino offrendola al primo cavaliere del corteo. Poi si è tolta il velo, ha infilato le sue scarpe rosse ed è tornata nelle file delle danzatrici.

Adesso sì che siamo in ballo!, ho pensato, congratulandomi con me stesso per la battuta involontaria.

Man mano che la musica diventava più ritmata e le vesti colorate delle danzatrici vorticavano nell’aria, Laria ha cominciato a dimenarsi fuori tempo, pestando i piedi a terra e facendo delle smorfie buffissime.

All’inizio nessuno ci ha fatto caso, perché lei balla sempre più o meno così. Poi la gente ha cominciato a mormorare. Alla fine qualcuno – probabilmente Gavio o uno dei suoi amici idioti – ha riso forte.

Laria ormai si stava contorcendo talmente che la donna alla sua sinistra è inciampata, e siccome tutte le danzatrici si tenevano sottobraccio, la fila intera ha ondeggiato e barcollato come un enorme bruco ubriaco, e infine sono rovinate tutte sull’erba.

A quel punto la sacralità del rito era andata a farsi benedire, con le risate che riempivano la radura. Laria si è strappata via le scarpe, le ha rovesciate e le foglie urticanti che ci avevo messo dentro sono volteggiate a terra.

Papà si è voltato di scatto e io non ho fatto in tempo a cancellarmi il sorriso dalla faccia.

Ahia. Adesso sì che ero nei guai.

È stato allora che mi sono accorto della figura incappucciata che scivolava tra gli alberi al margine della necropoli. Buio ha sgroppato e lanciato un nitrito stridulo, come fa quando tira un vento forte. Io ho puntato il dito e aperto la bocca per gridare.

Non mi sono nemmeno accorto di mia sorella che si avvicinava, ma ho sentito il suo pugno quando mi ha colpito.

Dritto sul naso.

 

Alla necropoli sta accadendo qualcosa di veramente strano… incidenti a parte. Chi sarà la figura che si aggira tra le tombe? Un po’ di pazienza e lo scoprirete!

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Autore

  • Giorgia Cappelletti

    Archeologa di formazione, scrittrice per hobby. Fino ad oggi ho scavato, lavorato in un museo, diretto laboratori per bambini, prodotto libretti divulgativi, insegnato greco e latino, scritto brani ed esercizi per le antologie scolastiche, e probabilmente qualcos'altro che ora mi sfugge. Guardo molti anime e vorrei vivere nel castello errante di Howl (ma senza di lui).

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