La quattordicesima conferenza ICHAJ (International Conference on the History and Archaeology of Jordan) si è appena conclusa a Firenze. Per un’intera settimana un incredibile ed eterogeneo gruppo di ricercatori giordani e stranieri, riuniti dall’Università di Firenze e dal Dipartimento delle antichità della Giordania (DOA), si sono confrontati sui temi dell’archeologia, della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale giordano.
Cultura al tempo della crisi
Il titolo di quest’anno, Culture in Crisis: Flows of People, Artifacts and Ideas, ha spinto i partecipanti a misurarsi sia con l’attuale realtà politica, sia con il progressivo inaridimento del dibattito culturale contro cui spesso ci confrontiamo, e combattiamo, noi specialisti dei beni culturali.
Nella sessione inaugurale, ospitata nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, i discorsi dei relatori tra cui l’organizzatore Guido Vannini, professore di archeologia medievale a Firenze, delle autorità e del principe El Hassan Bin Talal – sotto il cui patronato si organizza quest’evento – hanno evidenziato come la valorizzazione dei beni culturali sia un’opportunità di lavoro interdisciplinare e multiculturale spesso sottovalutata.
Al convegno, gli interventi si sono concentrati in quattro principali blocchi scientifici: storia e archeologia della Giordania, archeologia pubblica e sviluppo sostenibile, metodologia scientifica applicata all’archeologia, la Giordania nella storia. Le sessioni hanno presentato i recenti sviluppi dei progetti in corso, molteplici punti di vista sull’interpretazione del materiale archeologico, e diverse metodologie per l’analisi e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico.
Alcune delle sessioni mi sono rimaste vividamente impresse per il loro approccio decisamente innovativo nel panorama culturale contemporaneo. In particolare, le presentazioni relative al ‘dark heritage’ e al rapporto tra archeologia pubblica e sviluppo sostenibile mi hanno positivamente colpito come un esempio emblematico e concreto del valore dell’archeologia nel valicare i confini dei ‘beni culturali’ per trattare temi di importanza sociale ed economica.
Archeologia italiana in Giordania
La conferenza è stata anche l’occasione per inaugurare la mostra The Land of Jordan: an Italian Perspective in cui i progetti archeologici italiani in Giordania vengono presentati con pannelli che ne spiegano l’importanza e la storia, reperti archeologici e ricostruzioni 3D. La mostra è stata progettata come un’esposizione itinerante e dopo l’Italia inizierà il suo viaggio in Giordania.
Mi ha fatto incredibilmente piacere vedere i progressi delle numerose missioni italiane in Giordania e, quale ex-alunna dell’Università di Firenze, specialmente di quelle fiorentine, vista anche la lunga tradizione di collaborazione tra i nostri due paesi. Inoltre, mi hanno positivamente colpito le ricostruzioni 3D di alcuni dei reperti in mostra, che ne consentono la fruizione anche da parte di un pubblico affetto da disabilità.
Valorizzazione del patrimonio
Alla conferenza hanno partecipato archeologi, storici dell’arte, architetti e conservatori che lavorano in Giordania da decenni o che hanno iniziato solo recentemente progetti nel paese. La 14esima ICHAJ è stata un’esperienza preziosa sia per me che per il mio attuale centro di ricerca, CoE Ancient Near Eastern Empires dell’Università di Helsinki, quale forum in cui condividere idee, progetti e stabilire possibili future direzioni di ricerca.
Nonostante l’eterogeneità delle presentazioni, gli interventi erano legati da un chiaro fil rouge, ossia la valorizzazione del patrimonio giordano quale spunto di integrazione e superamento della crisi del patrimonio culturale. Probabilmente, visti i continui tagli alla cultura, non tutti i progetti otterranno un successo significativo, ma assieme possono sperare di muovere l’ago della bilancia nella giusta direzione.
Sarà interessante monitorare tra tre anni, alla prossima conferenza ICHAJ, se la cultura sarà ancora ‘in crisis’ o se invece staremo risalendo lentamente la china.
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