“Camminate al vostro ritmo, come siete abituati a fare in museo. Ora invece raddoppiate la velocità. E adesso andate veloci, velocissimi, come quando siete in ritardo la mattina. Stop. Ora lenti, lentissimi, alla moviola”. Basta poco per cambiare l’esperienza di visita di un museo e renderla più viva e vera; trasformarla in moto attivo anziché una visione passiva; rendere protagonisti i visitatori e non già le opere. Basta anche solamente variare il ritmo. È uno dei primi suggerimenti dell’esperto Marco Peri al workshop Musei educativi organizzato da Coopculture sabato 20 gennaio a Roma alle Terme di Diocleziano.
Esperienze a cinque sensi
Un ritmo uniforme, col tempo, diventa monotono. La mente si distrae. Ascolta, certo, ma poi scorda. Variando il ritmo, invece, il corpo si mantiene sveglio e i neuroni in movimento. Ci si appropria degli spazi del museo anziché subirli. Forse si tralascerà qualcosa, ma che sarà mai? Mens sana in corpore sano, si dice da tempo immemore. Ma non è solo questo: noi viviamo ogni nostra esperienza con tutto il nostro corpo, con tutti i cinque sensi. Al museo, invece, siamo abituati a mortificare tutti gli altri a vantaggio della vista. Ma siamo sicuri che è la strada giusta?
Chi fa educazione museale per bambini sa da tempo che bisogna farli muovere e giocare, perché un bambino non si può tenere fermo. E noi adulti? Anche noi soffriamo a stare fermi, e per giunta in piedi. Perché non provare, dunque, a vivere le opere con tutto il corpo? Per esempio a mimare ciò che vi è rappresentato, così da osservarlo bene e capirlo davvero. Oppure a cambiare prospettiva o metterci in quella giusta, perché molte opere in origine non erano così come le vediamo in museo. Vediamo per esempio i pavimenti a parete: per recuperare almeno un po’ la prospettiva, dobbiamo stenderci a terra noi.
Che effetto fa, invece, ammirare un’opera non in silenzio, ma ascoltando una musica? E se la musica cambia? È garantito: cambia anche l’effetto, a volte radicalmente. Che dire invece se proviamo a privarci della vista, affidandoci alla guida e al racconto di qualcun altro, e magari anche al tatto, per capire cosa ci circonda? È una grande prova di fiducia nell’altro che non riesce immediata ai più. E un fantastico esercizio di immaginazione.
Il valore del gruppo
Il grande inganno, però, l’inganno vero, è il silenzio a cui i musei ci costringono. È la visita solitaria ciascuno con i propri pensieri. Mentre sappiamo bene che la forza sta nel gruppo, nella possibilità di scambiare idee e sensazioni in modo che si alimentino a vicenda, e costruiscano conoscenze che ogni singolo, per sé, non avrebbe neppure immaginato. Il movimento fisico di tutti, in gruppo, è il primo passo per mettere in moto e condividere poi emozioni e pensieri. Ed è il mezzo migliore per superare, nel gruppo, ogni differenza di età, origine, estrazione sociale, conoscenze, credenze.
Costruire un’esperienza collettiva, però, è più facile a dirsi che a farsi. Ascoltando le voci di tutti, si rischia di perdere il filo, divagare, concludere poco o nulla. E se, come educatori, si sfrutta la propria posizione di leader e ci si impone, si rischia di sciogliere lo spirito di gruppo come neve al sole. Qui stanno la bravura e l’esperienza del bravo educatore museale: nel saper cementare il gruppo e tenerlo coeso senza mai prevalere. Qui sta il suo valore.
Marco Peri è uno storico dell’arte esperto in educazione museale. Ama definirsi ‘ricercatore’, ma in realtà è uno che, come tanti, non si accontenta mai ed è sempre alla ricerca di nuove vie e nuove idee. Fa tesoro della propria esperienza in qualsiasi campo, copia e personalizza idee altrui, inventa. Ma soprattutto, è desideroso di condividere la propria ricerca con gli altri. Ne ha fatto un business, certo, e sa anche vendere bene. Però non avrebbe successo senza generosità.
Le Terme di Diocleziano: una sfida
Generosamente, ha accettato la sfida di Coopculture a misurarsi con luoghi e opere non proprio nelle sue corde, essendo lui esperto di arte contemporanea. Era chiaramente impacciato tra le statue e i rilievi antichi, ma non per questo il suo messaggio ne ha risentito. Forse avrebbe potuto sfruttare meglio gli ampi spazi delle Terme di Diocleziano che colpiscono tutti, indistintamente, per la loro spettacolarità. Volontà di Coopculture era per l’appunto diffondere la conoscenza di questo luogo fantastico che continua a essere troppo poco frequentato, pur trovandosi proprio di fronte alla Stazione Termini.
Uno spazio dove si toccano realmente con mano millenni di storia sovrapposti l’uno all’altro, dalle terme antiche alla chiesa di Michelangelo, alle olearie dei Papi, alle vie, le piazze, i saloni, persino i ristoranti della Roma contemporanea. Tutto concentrato in un unico luogo, per quanto estesissimo, e riutilizzando le murature antiche. Alle Terme di Diocleziano si abita letteralmente la storia. Coopculture e Marco Peri, sabato scorso, questo hanno voluto trasmettere. Con tutti i cinque sensi.
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