Fate un gioco. Aprite il vostro armadietto dei cosmetici e osservate con attenzione i barattoli di crema per il viso, crema per le mani, impacco per capelli… Di che materiale sono fatti? E cosa dice l’etichetta? Cosa dicono questi oggetti di voi e del vostro stile di vita? Ecco. Ora che avete ricostruito almeno alcune delle vostre abitudini a partire dal barattolo della crema antirughe, potete capire perché gli archeologi sono così contenti quando trovano una pisside in un corredo tombale…
La pisside, che cos’è?
Detto molto schematicamente, la pisside era per gli antichi una via di mezzo tra il barattolo della crema antirughe (o della cipria, o dell’unguento contro le scottature) e un portagioie. Si trattava infatti di un piccolo contenitore più o meno cilindrico, spesso munito di coperchio, che veniva utilizzato per contenere cosmetici di vario tipo, ma anche oggetti molto piccoli e preziosi, come collane e orecchini. Si trattava perlopiù di un oggetto da toeletta che faceva parte della quotidianità delle donne e dei loro rituali di bellezza. Ecco perché, quando viene rinvenuta una pisside in un corredo tombale, si è abbastanza certi che si tratti della tomba di una donna.
Il termine deriva dal greco pyxis che significa ‘legno di bosso‘ e che probabilmente doveva indicare proprio delle piccole scatoline in legno. Questo almeno dal III secolo a.C., cioè da quando il termine stesso compare in letteratura. Col tempo, però, la parola pisside andò a indicare piccoli contenitori nei materiali più disparati: dalla terracotta all’avorio, dal metallo al vetro.
Ma quali altre informazioni fornivano, le pissidi, sulle loro proprietarie? Perché è interessante stabilire un parallelo con l’oggi? Ne abbiamo parlato nell’ultima puntata di Archeoparole.
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