Innanzitutto, come avete programmato di festeggiare questo importante anniversario?
Gli artisti e poeti che sono stati ispirati dal Cimitero sono una parte fondamentale della sua vita, per cui il nostro principale evento sarà una mostra sulla storia di questo luogo vista attraverso gli occhi dei pittori che l’hanno rappresentato nei secoli. Molti sono i pittori che, giunti a Roma pensando di soggiornarvi solo qualche anno, sono poi rimasti tutta la loro vita.
La mostra si terrà presso la Casa di Goethe in via del Corso – che è anche partner dell’iniziativa – dal 22 settembre al 13 novembre 2016. Fra gli artisti in mostra ci saranno stranieri come J.P.Hackert, Salomon Corrodi, J.M.W.Turner e Edvard Munch ma anche italiani come Bartolomeo Pinelli ed Ettore Roesler Franz. La metà delle opere che verranno esposte provengono da musei e istituti stranieri, e le risorse coinvolte in questo progetto sono notevoli. Organizzare una mostra di questo calibro è stata una sfida per due piccole organizzazioni come il Cimitero e la Casa di Goethe, ma abbiamo avuto un ottimo riscontro e il nostro obiettivo è stato quasi raggiunto, anche se stiamo ancora raccogliendo fondi.
Cosa l’ha spinta a collaborare con il Cimitero acattolico di Roma?
Ormai dieci anni fa, il Cimitero attraversò un difficile momento di crisi [ndr in seguito a una profonda e cronica carenza di fondi, lo stato di conservazione dei monumenti era talmente drammatico che nel 2006 il World Monument Fund lo inserì nella lista dei 100 siti più a rischio del mondo]. Nel 2005 mi trovavo a Roma come Direttore Generale dell’Iccrom, e su invito dell’allora direttore del Cimitero, diedi inizio a una collaborazione scientifica che permise all’Iccrom di studiare approfonditamente i problemi di conservazioni e le difficoltà gestionali del Cimitero, e offrire consiglio su come meglio affrontare questi ostacoli. Nel 2006, dopo la fine del mio mandato all’Iccrom, sono stato invitato a far parte del Comitato consultivo. Poi, nel 2008 è stato nominato l’attuale direttore Amanda Thursfield. Da allora servo anche come volontario nel Centro Visitatori. È davvero un luogo affascinante, e dopo una lunga carriera come professionista della conservazione dei beni archeologici, è interessante guardare questo sito da un punto di vista radicalmente diverso, come volontario e storico.
Nel suo libro II Cimitero Acattolico di Roma, si riferisce spesso al Cimitero come a un ‘reduce’, un ‘sopravvissuto’: quali sono stati i pericoli maggiori e le sfide che il sito ha dovuto superare nel tempo?
Sicuramente la crisi del 2005 è stata una sfida non indifferente che il Cimitero è riuscito a superare con successo. C’è stato però anche un altro momento drammatico intorno al 1870 quando Roma diventò capitale del Regno d’Italia. La popolazione era in aumento soprattutto a causa dell’immigrazione interna, e c’era una sempre crescente necessità di infrastrutture, soprattutto in seguito alla designazione del quartiere Testaccio come area industriale. Allora il Cimitero fu minacciato dalla costruzione di una strada che avrebbe attraversato la parte la più antica del sito, di fatto distruggendolo. Fortunatamente, grazie ad alcuni interventi diplomatici, si riuscì a negoziare a livello politico e deviare la strada. Se c’è una lezione da imparare da questa scampato disastro, è che anche piccole istituzioni come il Cimitero possono avere un peso tale da influenzare le decisioni politiche, se riescono a posizionarsi in maniera strategica.
Come istituzione, il Cimitero acattolico è molto diverso da qualsiasi altra organizzazione in Italia che si occupa di gestione dei beni culturali. Quale pensa sia il punto di forza del Cimitero come istituzione?
Questa domanda è interessante perché personalmente ho difficoltà a vedere il Cimitero come un’organizzazione che si occupa di beni culturali (heritage organisation). Il Cimitero infatti è ancora in funzione, e quindi di fatto più che un monumento è un cimitero vero e proprio, un patrimonio vivente (living heritage). E questo è il suo vero punto di forza. L’uso attuale del Cimitero aiuta immensamente non solo la manutenzione ma anche la diffusione della conoscenza del monumento, ed è dunque l’aspetto chiave della sua sopravvivenza. C’è però un altro punto di forza, e sono tutti i cambiamenti messi in atto dopo il 2005, cioè una gestione supportata da un comitato consultivo permanente di esperti in finanza, questioni legali, ricerca fondi, conservazione e storia dell’arte, e di un nutrito gruppo di volontari.
Penso sia magnifico che ci siano persone che vogliono dedicare il proprio tempo al Cimitero. I volontari si occupano principalmente dell’accoglienza ai visitatori, delle relazioni con il pubblico e della redazione della newsletter. Nessuno dei nostri volontari svolge lavori fisici: la gestione delle aree verdi e la manutenzione dei monumenti è affidata a ditte private di professionisti. Tuttavia, senza i volontari il centro visite del Cimitero acattolico non sarebbe aperto con regolarità, e il pubblico non potrebbe accedere ai suoi monumenti con la stessa facilità. Grazie ai volontari il Cimitero è dunque più accessibile, e ciò significa una maggiore conoscenza del sito, maggiore interesse, consapevolezza e quindi anche risorse.
Qual è la sua visione per il futuro del Cimitero?
Personalmente spero che la prossima mostra, in associazione alla newsletter, ci porti sempre maggiore visibilità, soprattutto all’estero, e che questo risulti anche in maggiori donazioni e risorse. Oggi il Cimitero è in una situazione molto più felice rispetto a dieci anni fa, ma c’è ancora moltissimo da fare. Per esempio, uno studio completo delle sculture funebri e della vegetazione variegata che caratterizza il paesaggio del sito. Sono ricerche che richiedono un impegno notevole, ma importantissime per la sopravvivenza del Cimitero e per la conoscenza della storia della comunità straniera a Roma. Il segreto di interventi conservativi di successo, è la conoscenza profonda del monumento.
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