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Bolli laterizi, cosa sono e perché ne parliamo - Archeostorie Magazine

Bolli laterizi, cosa sono e perché ne parliamo

20 Febbraio 2019
Grazie ai bolli laterizi, i mattoni ci regalano tante informazioni per capire il mondo romano. E ci rivelano molto anche sul ruolo delle donne

In epoca romana, non erano molte le possibilità di lavoro per le donne. Sappiamo però che diverse officine di mattoni erano in mano a donne: donne proprietarie, o direttirci di fabbrica, oppure semplici operaie. Vi pare strano? Eppure, a fornirci queste informazioni sono i mattoni stessi, attraverso i bolli laterizi.

Bolli laterizi, cosa sono

Quando leggiamo il termine ‘bollo laterizio’ sulla didascalia o sul pannello informativo di un museo, significa che nella teca di fronte a noi c’è un marchio stampato su un mattone di terracotta. Furono i romani a diffondere la pratica di marchiare i mattoni, a partire più o meno dal II secolo a.C., in piena età repubblicana. La forma del bollo era generalmente tonda o rettangolare e recava immagini e scritte.

bolli laterizi

Bollo laterizio. Fonte: Wikimedia commons

La funzione del bollo laterizio era infatti quella di evidenziare alcune informazioni importanti come l’anno di produzione – segnalato dal nome dei consoli in carica – e soprattutto il luogo di fabbricazione, cioè la figlina, ovvero l’officina in cui venivano realizzati materialmente i mattoni. E poi, molto spesso, sul marchio di fabbrica veniva impresso anche il nome del proprietario dello stabilimento.

Quante erano le donne proprietarie? Che cosa sappiamo di questo aspetto della società romana? E cosa ci rivelano, ancora, i bolli laterizi? Scopritelo ascoltando la nuova puntata di Archeoparole.

Ascolta la puntata sui bolli laterizi

 

Ascolta “05 – I bolli laterizi” su Spreaker.

Leggi anche: Ombrello rotto o groma?

Autore

  • Chiara Boracchi

    Archeo-giornalista e ambientalista convinta, vede il recupero della memoria e la tutela del paesaggio e del territorio come due facce complementari di una stessa medaglia. Scrive per raccontare quello che ama e in cui crede. Per Archeostorie, coordina la sezione Archeologia & Ambiente ed è responsabile degli audio progetti. Nel tempo libero (esiste?) scatta foto, legge e pratica Aikido.

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1 Comment

  1. Marco De Donno

    Chiedo scusa, ma non è che stiamo confondendo la proprietà dell’officina con la titolarietà della iniziativa imprenditoriale di produzione in appalto? Provo a spiegarmi con altre parole: riteniamo di essere di fronte a bolli che ci parlano di un prodotto destinato ad essere venduto sul mercato o non piuttosto ci parlano di lotti che venivano contrassegnati per dimostrare l’adempimento di un impegno contrattuale?
    Poi non siamo anche un po’ troppo sbilanciati sulla visione urbana? Il fenomeno esiste in varie epoche in vari altri luoghi del mondo romano, dove pressoché per forza per essere compreso deve essere letto untariamante fra mattoni, tegole ed altri laterizi; i criteri generali sembrerebbero anche più o meno sempre i medesimi, ma le complessità dei rapporti personali è molto diversa e quasi sempre molto più semplice (tra l’altro meno donne e anzi meno nomi proprio, qualche volta semplicemente l’anno, o semplicemente il proprietario terriero, o -negli ambiti militari- puramente il reparto).
    Secondo me se c’è un dubbio è forse persino controproducente sbilanciarsi senza potersi spiegare, meglio attenersi ai fatti: dire che ci sono nomi di luoghi, nomi di proprietari terrieri e nomi di officine, fra tutti questi ci sono persino nomi di donne e questo avviene soprattutto a Roma e nelle aree circostanti, fermo restando che il fenomeno dei laterizi bollati è ben più generalizzato (e in tanti saranno contenti di ritrovarlo con peculiarità locali nei propri territori).

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