S’intitola L’anima delle cose ed è una mostra che racconta non tanto la città romana – l’antica Oderzo ovvero Opitergium, nel trevigiano lungo l’antica via Postumia – quanto piuttosto la sua gente: i piccoli gesti e pensieri quotidiani dei suoi abitanti.
Corredi parlanti
Lo fa mostrando i corredi rinvenuti nelle sue necropoli, e cercando di immaginare il bambino che agita il suo sonaglio e poi gira per casa col suo cavalluccio d’argilla con le ruote; o la signora che si ammira allo specchio dopo essersi pettinata col pettine in osso, e ingioiellata e cosparsa di profumi; o chi avrà usato quei bicchieri in vetro color vinaccia dalle forme modernissime, e come li avrà usati: proprio per bere (e in tal caso era ricco davvero) o come splendore da esibire?
Immagina poi la nonna o la madre che fanno indossare alla bambina una piccola collana di perle di vetro nere, forse per scacciare il malocchio; o le matrone che amavano esibire elaborati bracciali d’oro o lineari anelli d’argento; o quel signore, vero o finto intellettuale che fosse, che fu sepolto con stilo e calamaio; o chi avrà deposto delle statuette in ceramica a mo’ di ex voto; o chi durante il rito funebre avrà attinto l’acqua dal pozzo usando un secchio molto singolare, fatto assemblando tante lamine diverse.
Bonifiche antiche e scavi moderni
La mostra va però anche indietro nel tempo, prima delle sepolture, quando i terreni attorno alla città erano acquitrinosi e servì bonificarli per destinarli a necropoli. Lo fecero, gli abitanti di Oderzo, riutilizzando un’enorme quantità di anfore, capaci di isolare dall’umidità o di drenare le acque e, spezzate in frammenti, anche di rendere i terreni più solidi e compatti. Una mano santa.
La mostra racconta infine come si è giunti a esporre quei cinquanta corredi parlanti, datati tra il I e il VII secolo d.C. Racconta una stagione di scavi urbani importante e proficua che, avviata negli anni Ottanta del secolo scorso, è terminata solo pochi anni fa. Ha portato alla luce i monumenti più importanti della città antica, dal foro ai templi alle terme, ma anche alcune domus di lusso, e resti della cinta muraria e dello scalo fluviale. Ha consentito di ricostruire lo sviluppo urbano della città dalla romanizzazione alla tarda antichità.
Ha indagato poi le vie che dalla città si dipartivano, la Postumia come anche la via per Tridentum – la romana Trento – e le necropoli che le affiancavano. Lo ha fatto in virtù di una collaborazione stretta e continua tra Soprintendenza statale e Comune, che ha portato alfine allo studio e al restauro dei corredi ora in mostra.
La Fondazione Oderzo Cultura
Le sedi della mostra sono il Museo archeologico e Palazzo Foscolo, ora gestite dalla Fondazione Oderzo Cultura che anima la vita culturale cittadina grazie a una collaborazione tra Comune e privati. Una visita alla mostra di Oderzo è perciò un viaggio nel tempo ma anche in una realtà contemporanea che si è adoperata per indagare al meglio il proprio passato, e ora investe in esso e ci scommette.
La Opitergium romana divenne importante grazie alla via Postumia, ma non ebbe una vita dissimile dalle altre importanti città venete. Sappiamo che fu precocemente al fianco di Roma nelle lotte contro gli italici, e fedele a Cesare nella contesa con Pompeo, al punto che nel 49 d.C. mille guerrieri di Oderzo scelsero il suicidio collettivo piuttosto che consegnarsi al nemico. E Cesare poi ricompensò la città a dovere.
Sappiamo anche che Oderzo fu devastata dall’avanzata dei Quadi e dei Marcomanni nel 167 d.C., ma poi tutto si ricostruì. E che al pari di altre città della costa adriatica, tra II e III secolo ospitò molta gente giunta dal Mediterraneo orientale con propri riti e abitudini. Ci vollero i Longobardi nel VII secolo per gettarla nell’oscurità. E i suoi abitanti d’oggi per riportare la sua storia antica alla luce.
L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium
Oderzo Cultura, Oderzo (Tv)
Palazzo Foscolo e Museo archeologico Eno Bellis
fino al 31 maggio 2020
info oderzocultura.it
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