Mercoledì 28 ottobre una bomba d’acqua si è rovesciata sul promontorio di Populonia e sul golfo di Baratti devastando intere porzioni di un territorio che, come un funambolo, cerca da decenni l’equilibrio tra natura, archeologia e sviluppo turistico.
Chi vive a Baratti ha il cuore a pezzi. Nonna Maria Ulivelli, 89enne di Baratti, ripete come un mantra: “Così tanta pioggia, in così poco tempo, a Baratti non c’era mai stata, mai” e poi il pensiero vola ai turisti, “e meno male non è successo d’estate…chissà quanti morti”. Meno male, si riparte con il bicchiere mezzo pieno.
Ma si riparte da dove? Dal nostro passato, dal patrimonio archeologico, da quei monumenti che troppo spesso ci ostiniamo a difendere dagli uomini mentre la natura, altrettanto spesso, alla cieca devasta.
La resa dei conti sul patrimonio archeologico
Per capire l’entità dei danni al patrimonio archeologico ho accompagnato per due giorni Andrea Camilli, funzionario responsabile di Populonia per la Soprintendenza Archeologia della Toscana, durante i sopralluoghi sul territorio. Nostro campo base era la Direzione scavi della Soprintendenza sul Poggio della Porcareccia.
Nei pressi del fosso delle Casine la violenza dell’acqua ha riportato alla luce quello che in gergo si chiama il “paleosuolo”, ossia il piano di calpestio antico, forse riferibile all’età del Bronzo. Interessantissimo. Ad accorgersene è stato Giorgio Baratti, archeologo indipendente che da anni conduce ricerche scientifiche sulla Baratti protostorica e che proprio la scorsa settimana stava concludendo l’annuale campagna di scavi sulla spiaggia con gli studenti dell’Università di Milano. È chiaro che in questo caso sarebbe necessario intervenire, raccogliere il maggior numero possibile di dati e documentare il contesto con cura. Camilli prende nota.
Poco prima del Podere Casone, alla foce del Fosso di Valgranita, il passaggio impetuoso dell’acqua ha messo in luce una struttura in blocchi di arenaria e un tratto di strada romana. Dopo il Casone, lungo la sezione del pratone, uno smottamento ha fatto emergere alcuni scheletri riferibili a tombe di età ellenistica (IV-I secolo a.C.). Qui, dopo la segnalazione di Andrea Camerini (fotografo di questo reportage) alla Soprintendenza, sono intervenuti fulminei gli archeologi dell’Università di Milano, coordinati da Giorgio Baratti, che hanno eseguito lo scavo e rimosso gli scheletri di quattro individui.
Proseguendo lungo il golfo, il sito archeologico della Villa romana non ha subito grossi danni, mentre il tratto compreso tra il Fontino (vedi video) e il Ficaccio è stato devastato da frane e smottamenti che hanno messo in luce sepolture, adesso a rischio di crollo.
La spiaggia adesso è disseminata di reperti archeologici, frammenti di ceramica dipinta, piccoli manufatti in bronzo e ossa. Il personale della Soprintendenza raccoglie quello che può, qualche cittadino consapevole raccoglie i reperti e li consegna ai custodi, altri li raccolgono come souvenir e se li portano a casa. Fiorenza Ulivelli, figlia di nonna Maria, ha visto alcune persone che nascondevano dei pezzi, le ha fermate, ha detto loro di posarli, che non si fa, è un reato, ma a loro non è interessato, se ne sono andati col “bottino”, macabro ricordo di una duplice devastazione.
La giornata di sopralluoghi è terminata alle pendici del promontorio di Populonia. Lungo il tratto iniziale della strada che porta al Castello, la banchina laterale adesso è un fosso che conserva sul fondo e in sezione strutture antiche, lacerti di muri mai visti prima: una piccola fortunata scoperta.
Torniamo alla base, Camilli lascia trasparire un po’ di stanchezza: “È stata una devastazione, ci vorranno tanti soldi e interventi mirati, dobbiamo documentare e mettere tutto in sicurezza. Non sarà facile”.
I monumenti più colpiti sono stati gli edifici industriali, dove sono crollate porzioni dei muri, e la via della Romanella (il sentiero che collega Baratti a Populonia) spazzata via dall’acqua che ha creato voragini profonde fino a 2 metri.
Le tombe a tumulo, l’edicola dell’Offerente e i sarcofagi delle necropoli di San Cerbone e del Casone non hanno subito danni strutturali evidenti; le tombe erano allagate e coperte di fango ma integre, così come la necropoli delle Grotte. Più complessa è invece la situazione al Conchino e al Poggio della Porcareccia dove alcune tombe a tumulo hanno subito lesioni significative. La più compromessa è la tomba dei Flabelli che presenta sensibili avvallamenti del tumulo e il distacco di alcune lastre. Al Monastero di San Quirico sono stati registrati alcuni crolli di media entità. Sull’Acropoli, pochi crolli circoscritti. Ovunque fango e detriti.
Gli interventi più imminenti riguardano la risistemazione dei percorsi di visita, dilavati e ricoperti di fango e pietre, e delle recinzioni che proteggono le aree archeologiche: al Parco di Baratti sono andati distrutti oltre 350 m di rete e i cinghiali si stanno rimpossessando del sito.
Nel pomeriggio siamo saliti al Castello di Populonia. La strada è in pessimo stato: molte banchine laterali hanno ceduto, muretti di contenimento sono crollati. Deve essere messo tutto in sicurezza. Al Castello il resoconto dei danni è stato stilato da Ottavio Gasparri insieme agli archeologi della Società Periplo Turismo e Cultura che gestisce i servizi culturali del borgo. Qui a far danno non è stata l’acqua ma il temporale, i fulmini, le scariche elettriche.
Un fulmine ha colpito la torre medievale danneggiando alcuni tratti delle pareti interne, il pavimento della parte più alta e mandando completamente in tilt l’impianto d’illuminazione (inaugurato l’estate scorsa). Le scariche elettriche hanno fatto saltare l’impianto in tutto il borgo, al parcheggio e al Museo etrusco, dove è stato necessario intervenire d’urgenza. Alcuni fondi commerciali erano allagati e l’acqua corrente è mancata per un paio di giorni. La situazione qui è grave.I sopralluoghi per me terminano all’Area Archeologica di Poggio del Molino, il promontorio che chiude a nord il golfo di Baratti. Qui è in corso di scavo (Comune di Piombino e Università di Firenze) e restauro (Fondazione RavennAntica) un insediamento di età romana (II secolo a.C. – V secolo d.C.): non registro alcun danno evidente, né crolli né lesioni, solo tanta acqua ovunque, ma il fango per fortuna si spalerà.
Ho molta fiducia nelle istituzioni che operano su questo territorio, ma ancora di più ne ho nelle persone che lo vivono, lo amano e lo vogliono proteggere. Le cose da fare sono tante, tutte importantissime. Ho perciò scelto di sostenerne una, piccola ma significativa: “È GIÀ TUO. Non raccogliere i reperti”, una campagna di comunicazione attraverso pannelli esplicativi che illustrino a turisti e visitatori le norme di comportamento di fronte al ritrovamento di oggetti antichi (raccogliere reperti archeologici è reato!). L’idea è di Andrea Camilli e la realizzerà l’Associazione culturale Past in Progress che io presiedo. Per contribuire a questa iniziativa potete dunque contattare direttamente l’Associazione, info@pastinprogress.net, o effettuare una donazione con causale “È già tuo” sul c/c di Past in Progress presso Banca Prossima, IBAN IT35W0335901600100000017222. Grazie a tutti.
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