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Lo dice il Dna: Roma antica era multietnica - Archeostorie Magazine

Lo dice il Dna: Roma antica era multietnica

8 Novembre 2019
Uno studio sul Dna degli abitanti di Roma antica, dalla preistoria al Medioevo, mostra che questi provenivano da tre continenti

È la copertina del numero odierno della rivista scientifica Science, e a ragione. Lo studio condotto su 127 genomi degli antichi Romani (e dei loro contesti archeologici, 29 in tutto) lungo 12mila anni di storia, ha rivelato come è cambiata nel tempo la popolazione della città eterna.

È cambiata nel Neolitico, per l’arrivo dei primi agricoltori dagli attuali Turchia e Iran, e successivamente dalle steppe dell’Ucraina. È cambiata ai tempi di Romolo, alla nascita della città, che ha sicuramente attratto gente da ogni dove man mano che si ingrandiva e diventava potente.

È cambiata soprattutto in epoca imperiale, e questo è il dato più importante: la maggior parte della popolazione della Roma imperiale aveva antenati dal Vicino Oriente. Certo, lo sapevamo già dai documenti storici, ma è importante che anche la scienza lo confermi. Perché un conto è dire una cosa a parole, e un conto è dimostrare, dati alla mano, che passeggiando per la Roma imperiale si vedevano volti di molti colori, e solo in minima parte bianchi.

Due anni fa la BBC ha prodotto un fumetto su una famiglia romana in Britannia, e ha disegnato il papà con la pelle scura. Apriti cielo! Ha subito un vero e proprio linciaggio mediatico. Gli inglesi non volevano credere che la loro isola fosse popolata da gente di colori diversi dal bianco. E sicuramente anche nel nostro paese chi inneggia ideologicamente al nostro glorioso impero antico, non è felice di sapere per certo che era coloratissimo.

Poi, con la fine dell’Impero, sono scesi i barbari dal nord e il colore della pelle dei Romani è diventato via via più chiaro. Ma la gloria vera, quella che ha reso grande Roma nella storia, la dobbiamo a chi è giunto dalle coste orientali del Mediterraneo. Come sta accadendo oggi, insomma. Spalanchiamo le porte a queste genti, anziché chiuderle. La scienza ci dice che sono l’unica speranza per far tornare Roma nuovamente gloriosa.

Grazie infinite agli amici antropologi Luca Bondioli del Museo delle Civiltà e Alfredo Coppa della Sapienza, e a tutti coloro (e sono tantissimi) che hanno contribuito a questo importante studio.

Grazie.

L’articolo di Science Ancient Rome: A genetic crossroads of Europe and the Mediterranean è leggibile qui.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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6 Commenti

  1. Danilo

    La risposta ovvia, è che neanche le popolazioni del vicino oriente sono rimaste uguali dal tempo dei romani, i Turk (intesi come discendenti dell’orda di Gengis Khan) hanno in buona parte sostituito geneticamente le popolazioni che abitavano l’Asia Centrale ed il medio oriente attraverso lo sterminio sistematico degli uomini e lo stupro altrettanto sistematico delle donne (si calcola, a spanne, che 1/200 della popolazione mondiale sia diretto discendente non dell’orda bensì di Gengis Khan in persona).

    Tutte le popolazioni non Turk hanno sofferto genocidi immensi e ripetuti che continuano ancora oggi, si pensi all’invasione turca del Rojava ad esempio ma anche ai vari genocidi di Greci ed Armeni.

    Quindi “ni” se è vero che sono state le popolazioni che abitavano l’odierna Turchia a fare grande Roma (in fondo Enea è il capostipite leggendario e veniva da Troia e Troia era in Turchia) adesso non ci abitano le stesse popolazioni e la differenza in termini genetici è ancora più pronunciata rispetto a quella fra romani ed italiani.

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      Gentile Danilo,
      grazie per il contributo.
      Lo studio parla solo della popolazione di Roma antica e dunque capisco poco il suo discorso sugli abitanti della Turchia odierna, che ovviamente sono molto diversi da quelli dell’Asia minore antica.
      La morale però rimane la stessa: ieri come oggi, l’apertura all’altro porta indubbi vantaggi. La cultura vera è fatta di commistioni e relazioni. Chi vive solo muore solo, come dice un detto popolare. Tutto qui.

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  2. Cristiana Morigi Govi

    E se girassimo questa notizia perché arrivi anche a chi di dovere?

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      Ha girato parecchio, ne ha parlato il mondo intero. chi di dovere se ha voluto, ha sentito di sicuro

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  3. Luke

    C’è da specificare però che molta parte della popolazione “multietnica” di Roma era principalmente costituita da schiavi, che notoriamente non potevano né sposarsi, né tanto meno avere figli (a meno che il dominus non lo consentisse). Prima della Lex Cornelia, molti schiavi venivano uccisi dai propri padroni anche solo per futilità. Alcuni riuscivano a guadagnarsi la condizione di “liberti”, e questi sì, hanno poi contribuito a modificare un minimo il patrimonio genetico della popolazione. Molti di quei 127 genomi probabilmente deriveranno dai resti mortali di queste persone. Da quel che so io infatti, altri studi genetici affermano che la popolazione italiana a livello genetico sia cambiata molto poco nel corso di questi 2000 anni (per verificarlo basta dare un’occhiata ai busti, alle statue e alle rappresentazioni pittoriche di epoca romana).

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      In realtà, ricordo un articolo di qualche tempo fa che diceva che dal Cinquecento a oggi, geneticamente siamo cambiati tantissimo. La scienza ci aiuta molto nel ricostruire la storia, ma neppure lei può tutto, e capita che giunga a risultati anche contrastanti

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