Stati generali della gestione dal basso del patrimonio culturale: l’incontro del 23 febbraio a Tourisma a Firenze è stato un trionfo, a detta di chi c’era, che ha dato vita a una Rete nazionale per una vera condivisione di idee, progetti, entusiasmi. La prova che nessuno di noi è veramente solo, e possiamo combattere una vera battaglia tutti assieme.
Un servizio alla società
Perché di battaglia si tratta. Per trasmettere l’importanza di un modo diverso di vivere i nostri beni culturali, un modo in realtà più naturale e connaturato a tutti noi perché il patrimonio culturale appartiene a tutti i cittadini, e quindi un modo che va oltre una concezione proprietaria ancora dilagante per presentarsi come vero servizio alla società.
Un servizio triplice, perché non si limita alla gestione del bene culturale ma, portandovi vita e animazione, genera interesse e partecipazione in tutto il territorio circostante, contribuendo a costruire quelle ‘comunità di patrimonio’ auspicate dalla Convenzione di Faro. E così facendo può anche produrre un indotto significativo. Tutto ciò può infine dar vita a fenomeni virtuosi di rigenerazione dei luoghi, come dimostra la straordinaria esperienza delle Catacombe di San Gennaro a Napoli.
L’importanza di ‘fare squadra’
Non ero a Tourisma e dunque posso solo riflettere su quanto ho percepito in merito all’iniziativa. Non c’ero perché non mi è stato possibile ma avrei tanto voluto essere lì, perché l’idea interpreta al meglio lo spirito di Archeostorie®: ‘fare squadra’ tra tutti coloro che si sono rimboccati le maniche inventando mestieri ‘nuovi’ nel campo della comunicazione e gestione dei beni culturali, e adoperandosi per condividere la ricerca con i cittadini tutti.
Il nostro Magazine è infatti arena e osservatorio dove registrare esperienze e buone pratiche, analizzarle criticamente e guardare al futuro. E, da comunicatori, sperimentiamo sul campo modi sempre nuovi e diversi per emozionare e coinvolgere i cittadini nella vita dei nostri musei e parchi archeologici.
Un universo anomalo
Noi di Archeostorie® non siamo quindi propriamente ‘gestori’ di beni culturali – come recita il titolo dell’incontro di Tourisma – ma ci occupiamo di gestione come giornalisti, e inoltre condividiamo molti dei problemi che affronta chiunque voglia avviare un’attività propria nel campo dei beni culturali. Ed è questo, in realtà, il nodo principale da affrontare: garantire la possibilità di crescere e prosperare a un’impresa culturale che si trova a operare in un universo anomalo rispetto agli altri settori.
Poiché i beni culturali sono di tutti noi, non è detto però che tutti li possano studiare, conservare, gestire, comunicare. Serve professionalità come in tutte le cose. Servono persone che sappiano coinvolgere i cittadini e responsabilizzarli sempre più, e che mettano in atto veri progetti di citizen science. I cittadini vanno coordinati e indirizzati, perché possano dare un contributo vero e costruttivo. Di conseguenza, più i cittadini sono coinvolti, più ci dovrebbe essere lavoro per i professionisti incaricati di coordinarli e, sillogisticamente, più l’impresa culturale dovrebbe prosperare. Il cerchio si chiude, o si dovrebbe chiudere, con vantaggi per tutti.
Perché la nostra realtà non è questa, come ben sappiamo. Le ‘comunità di patrimonio’ vengono spesso intese come volontariato che esegue lavori da professionisti. E poiché si opera nel settore umanistico che molti continuano a non considerare una scienza esatta, chiunque si può improvvisare esperto di settori che non gli competono.
Gestione dal basso e impresa culturale
So di ripetere concetti già ampiamente espressi, però è importante ribadirli in questo caso per fare chiarezza sull’espressione “gestione dal basso dei beni culturali”. Cosa significa “dal basso”? Credo che se la Rete nazionale nata a Tourisma voglia prosperare, debba innanzitutto rispondere con chiarezza a questa domanda. Perché l’impressione – dall’esterno, ripeto – è che il concetto sia rimasto un po’ ambiguo.
“Dal basso” – o come diversamente lo si vorrà definire in futuro – deve riferirsi a un’impresa culturale che abbia come suo primo impegno il coinvolgimento dei cittadini. Un’impresa cioè che, spinta da passione e impegno civile, si adoperi per generare vera innovazione sociale.
Però di impresa si deve parlare e non di cittadini, come l’espressione “dal basso” potrebbe far credere. Di privati che investono nei beni culturali per trarne il giusto profitto, portando al contempo nel settore linfa vitale e qualità. A qualsiasi livello, grandi e piccoli, e non a caso a Tourisma erano presenti anche realtà importanti e consolidate come il Fai o la Fondazione RavennAntica.
Il valore della professionalità
La qualità, però, è garantita solo da precise competenze e serie professionalità. Padre Antonio Loffredo, per dar vita alla Cooperativa che gestisce le Catacombe di San Gennaro, ha sì preso ragazzi dalla strada e a volte anche dal carcere, però li ha preparati, li ha responsabilizzati, li ha fatti studiare. Nulla si improvvisa, mai.
Di conseguenza, credo che la prima battaglia da combattere sia per il riconoscimento delle professionalità necessarie a una gestione innovativa dei beni culturali, e per una loro adeguata preparazione. Il nuovo millennio ha letteralmente stravolto prassi consolidate, però noi in quasi vent’anni non siamo ancora stati capaci di costruirne di nuove. O meglio, le abbiamo costruite di fatto, sul campo, per necessità, ma non ancora riconosciute: non abbiamo saputo dare valore e dignità al lavoro nei beni culturali. Negli altri settori ci si è adeguati al nuovo molto più in fretta, privilegiando la duttilità. Riusciremo prima o poi a farlo anche noi?
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