C’era grande eccitazione nell’aria ieri mattina nella sede milanese della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio della Lombardia per la conferenza stampa di presentazione del tesoretto di monete d’oro venuto alla luce il 5 settembre scorso a Como. L’hanno scoperto gli archeologi della ditta Sap durante uno scavo nella centralissima via Diaz.
Ben disposte su un tavolo, dietro una teca di vetro, spiccavano le prime 27 monete studiate solo in fase preliminare, e accanto a loro c’era il recipiente in pietra ollare che contiene il resto della scoperta. Il reperto è stato portato dal Nucleo tutela patrimonio culturale dell’Arma dei Carabinieri, la sera stessa del ritrovamento, al laboratorio di restauro del Mibac a Milano, dove sarà analizzato.
A presentare l’eccezionale ritrovamento di fronte a un pubblico incuriosito di fotografi e giornalisti sono stati il direttore della Soprintendenza Luca Rinaldi, la responsabile dell’area funzionale archeologia Barbara Grassi e l’archeologa numismatica Maria Grazia Facchinetti. Ad affiancarli, il maggiore dell’Arma dei Carabinieri di Monza Francesco Provenza. Ha partecipato all’incontro anche anche il Ministro per i Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli, che ha definito il rinvenimento ‘epocale’.
Il tesoretto di via Diaz: cosa sappiamo
L’incontro è stato l’occasione per fare il punto sulla vicenda e fornire informazioni ufficiali sul prezioso tesoretto che la scorsa settimana ha fatto in poche ore il giro del web. Le certezze al momento sono poche, ma gli indizi da seguire e approfondire sono diversi ed emozionanti! È toccato a Barbara Grassi e Maria Grazia Facchinetti raccontare in conferenza le novità salienti e i dati importanti.
L’area del cantiere e l’edificio tardoantico
Innanzitutto, la zona del ritrovamento: centralissima, per la Como odierna ma anche per quella antica. Infatti il cantiere della Officine Immobiliari Srl di Como -una ditta privata che sta trasformando l’ex teatro Cressoni dismesso negli anni Novanta del secolo scorso in un complesso residenziale- si trova in un’area molto vicina a quello che era il foro di Comum, la Como romana.
Gli scavi, realizzati tra l’altro con l’aiuto di pompe idrovore per risolvere il problema dell’acqua di falda, hanno portato alla luce un edificio di epoca tardoantica fabbricato con pezzi di reimpiego – tra cui alcune epigrafi di epoca imperiale – di cui però non si conosce la funzione.
Il tesoretto è stato trovato in uno dei suoi vani, sopra uno strato in cocciopesto, un materiale edilizio che i romani utilizzavano per impermeabilizzare le superfici, sia i pavimenti che le pareti. Si tratta del livello più antico finora individuato nello scavo. Per il momento però non si sa se il cocciopesto rappresentasse un pavimento di epoca antecedente, o semplicemente se servisse da preparazione per una pavimentazione più raffinata in lastre. Anche questo dubbio potrà essere fugato solo con la continuazione dello scavo stratigrafico.
Il recipiente…
Il recipiente che contiene le monete d’oro è un boccale con coperchio in pietra ollare grigia proveniente dalle Alpi Centrali, ha un’ansa quadrangolare ed è più largo alla base e più stretto sul collo: una vera rarità. A detta di Grassi e Facchinetti, la sua forma insolita non ha confronti, il che fa pensare che si tratti di un contenitore molto prezioso.
Il perché è presto detto: la pietra ollare viene di solito lavorata in un solo blocco in forme cilindriche o eventualmente anche troncoconiche, ma con l’orlo più largo rispetto alla base. Questo permette di ridurre al minimo lo scarto e di ottenere più forme da uno stesso blocco. Quindi una lavorazione come quella del nostro recipiente, che prevede una grande quantità di scarto, è pensabile solo per oggetti estremamente preziosi. Secondo le due esperte, dunque, anche lo studio del contenitore potrà riservare molte sorprese.
…e il tesoretto di monete d’oro
Infine, il ‘pezzo forte’, le monete. Non sappiamo quante ne contenga di preciso il boccale, però sappiamo che sono state tutte riposte con cura e non abbandonate in fretta come capita in altri ripostigli. Probabilmente sono state impilate (anche se non si sa ancora con che logica), un po’ come fanno anche le banche di oggi, forse entro rotoli di stoffa o altro materiale deperibile che ora non c’è più e che si potrà forse dedurre dal microscavo, cioè dallo scavo stratigrafico in miniatura dell’olla, da analizzare millimetro per millimetro.
Il periodo non va oltre il 474 dopo Cristo: le monete analizzate finora appartengono alle emissioni degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone I, Antemio e Livio Severo. Non si sa però se all’inerno del contenitore vi siano monete più recenti.
Non sappiamo neppure quale sia la natura del ripostiglio. Apparteneva a un singolo privato? È poco probabile perché le monete sono troppe. A diversi privati? È ugualmente difficile. Facchinetti ha avanzato l’ipotesi che possa trattarsi di una cassa pubblica sotterrata in un momento di pericolo. Un’idea suggestiva che dovrà però essere chiarita dalle indagini future.
Valorizzazione e tutela: dove andrà a finire il reperto?
Chi dovrà occuparsi della valorizzazione e tutela di questo straordinario reperto? Dove sarà esposto una volta analizzato e studiato con i giusti tempi richiesti dalla ricerca? Tra i molti dubbi sollevati da questa eccezionale scoperta, la risposta a queste domande, affidata al ministro Bonisoli, è stata invece chiara e netta. Il ministro non ha dubbi: il tesoretto appartiene alla città in cui è stato trovato, Como.
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