Epigrafia greca, una voce sconosciuta
“Io non parlo di cose che non conosco, parlo mai di epigrafia greca?” tuonava Nanni Moretti contro i giovani sedicenti cinefili del film Ecce bombo nel 1978. Figlio di un epigrafista di vaglia -il professor Luigi che ha insegnato nelle università di Palermo, Bari, Napoli, e Roma- con quella celebre battuta non ha fatto di certo un buon servizio al mestiere del padre.
Eppure, l’epigrafia è importante perché la voce del mondo antico ci giunge oltre che dai testi letterari anche attraverso le fonti scritte su pietra. E dunque anche uno studente di liceo deve poterne conoscere le basi. Ecco perché è nato il progetto di alternanza scuola lavoro (ASL) proprio in Epigrafia greca, grazie a una convenzione tra il liceo dove insegno, il Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma, e l’Università di Roma ‘La Sapienza’, in particolare il professor Francesco Guizzi.
Epigrafia greca: un’alternanza di voci
Nel giugno 2018 nelle aule del Liceo si sono svolte le lezioni teoriche che sono servite ai ragazzi per distinguere e interpretare i testi. Alla lettura dei testi proiettati sulle LIM del Liceo si è poi alternata quella dei calchi della collezione epigrafica del Museo dell’Arte Classica della Sapienza, presso il quale gli studenti albertelliani hanno svolto lezioni pratiche sfidando il caldo del luglio romano. I ragazzi hanno letto, schedato, interpretato, fotografato e disegnato le epigrafi. E il lavoro sarà presentato in autunno in una mostra itinerante tra il Dipartimento di scienze dell’antichità della Sapienza e il Liceo; e nella mostra, sarà l’alternanza delle voci dei ragazzi a presentare i testi al pubblico.
A tu per tu con i calchi
Naturalmente l’esperienza più emozionante per gli studenti è stata quella di leggere i calchi delle pietre. “La ASL di epigrafia greca mi ha fatto scoprire a fondo un lato nascosto della lingua greca arcaica”, dice Ahmed in compagnia di Nicolò e Stefano. “Infatti grazie a queste ore siamo riusciti a risalire fino alle prime origini della scrittura greca, e da lì siamo giunti fino al greco classico del IV secolo a.C. Ho avuto l’opportunità di vivere da vicino tutto ciò che include il lavoro dell’epigrafista. Ad esempio, mi è stato affidato il compito di lavorare sul calco di un obelisco dedicato da un ceramista, Nikomachos, ad Herakles in cambio di fama eterna per la sua arte”.
Per Giulia ed Emanuele non ci sono dubbi: “Per noi è stato particolarmente interessante ed emozionante riuscire a decodificare le varie iscrizioni per la prima volta”. L’emozione di comprendere la voce della pietra si concretizza nella trascrizione del testo per Daniela: “Il lavoro dell’epigrafista è articolato in diverse fasi: una importante è quella della realizzazione dell’apografo, cioè del disegno di un’epigrafe. Io e la mia amica Giulia abbiamo riprodotto il trattato tra Sibariti e Serdaioi proveniente da Olimpia (VI secolo a.C.) e questo lavoro ci ha consentito di comprendere quanto sia fondamentale l’esatta trascrizione delle lettere e, quindi, la conoscenza degli alfabeti greci arcaici per una giusta interpretazione e traduzione”.
“Per non parlare, poi, del disegno della statua di Chares con dedica ad Apollo” ricorda Giulia: “è stata la parte più impegnativa del nostro lavoro, ma allo stesso tempo la più bella e significativa perché ci ha permesso di entrare nel vivo dell’epigrafia”. Per Alessandra, la vera scoperta è stata proprio la dedizione necessaria per la lettura: “Ho potuto comprendere davvero quanta concentrazione e minuziosità siano necessarie per interpretare un’iscrizione antica”.
A proposito del ‘primo incontro’ con la pietra, afferma non senza ironia Piergiorgio a ricordo delle numerose… cancellature del suo disegno: “Al Museo dell’Arte Classica, ci siamo dedicati alla trascrizione di un testo inciso su una struttura architettonica con decorazione a ‘kyma lesbio’. Il disegno della decorazione è stato decisamente impegnativo!”. Aggiunge Maria Livia: “L’epigrafe è stata ripresa da un brano di Tucidide in cui si parla di Pisistrato, figlio di Ippia, che aveva posto un altare nel santuario di Apollo Pizio. Il progetto è stato molto interessante anche per questo, perché abbiamo ampliato il nostro bagaglio culturale studiando il contesto storico di ogni iscrizione”.
Conoscere meglio il greco e la Grecia antica
Benissimo, dunque, sentirsi novelli Indiana Jones alla ricerca dell’epigrafe da decifrare, ma quali le reali acquisizioni dei ragazzi in relazione al greco scolastico, cioè quello delle verifiche orali quotidiane e dei compiti in classe mensili?
Nicola afferma che ora si sente più sicuro: “In conclusione, alla fine del progetto mi sembra di possedere una maggiore padronanza della lingua greca e una curiosità sempre più crescente per questo tipo di studi”.
Ribadisce Giulia con una punta di comprensibile insofferenza per le ore trascorse nel caldo delle aule scolastiche: “Quando io e la mia amica Sara abbiamo iniziato questo percorso di alternanza scuola-lavoro avevamo grandi aspettative, che sono state per la maggior parte soddisfatte. Nonostante le difficoltà riscontrate durante le ore teoriche a causa dell’eccessiva durata di ogni incontro, abbiamo tratto spunti interessanti soprattutto riguardo alle nozioni storiche e gli usi e costumi dell’antica Grecia. Possiamo dire di avere acquisito una maggiore conoscenza del mondo antico e una maggiore padronanza della lingua greca”.
Ad alta voce
Questa esperienza mi ha convinto che è possibile convincere un adolescente a studiare e leggere il greco anche nei mesi estivi. Purché si riesca a fargli capire che il suo sarà un lavoro storico personale non privo di sorprese. E non è un paradosso che per studiare la storia si parli di voci: i testi scritti venivano sempre letti ad alta voce, quindi parlavano e parlano tutt’oggi.
Tra i ragazzi coinvolti, Alessandra ascoltando quelle voci ha l’impressione di uno storytelling, “una vera e propria narrazione cronologica di eventi accaduti nel passato” ovvero, come puntualizza Giulia, “un’esposizione degli eventi accaduti nel passato perché si conservino nella memoria dei posteri”; aggiunge Beatrice: “in fondo la storia altro non è che gli avvenimenti, gli usi e i costumi nello scorrere del tempo”.
Per Daniela, una delle studentesse più grandi, è fondamentale il supporto sul quale rimane la testimonianza dell’antico che è “memoria degli avvenimenti costituita dalle tracce lasciate dall’uomo come, ad esempio, i monumenti”. Mentre per Maria Livia e Giulia nello studio della storia è impossibile evitare il confronto tra presente e passato, e sottolineano la finalità della disciplina in modo… ciceroniano: “è un’indagine che ci permette di conoscere il passato mantenendone vivo il ricordo per evitare gli errori commessi precedentemente”.
Una possibile soluzione
“Perché in genere gli studenti non si appassionano alle lingue antiche? Perché non si riesce a individuare una didattica che li avvicini con vero interesse ai sistemi linguistici?” Queste le lamentele degli insegnanti fondate su un problema reale, quello della scarsa sensibilità degli studenti verso le lingue che loro stessi definiscono morte.
Ma la soluzione, forse, è proprio quella suggerita dalle pietre che parlano: parole vive, vivissime. Le pietre registrano le forme organizzative statali, onorano benefattori rendendoli eterni, ricordano episodi storici noti e non altrimenti noti, emulano versi di poeti famosi, celebrano la potenza delle divinità, confermano l’appartenenza degli oggetti ai loro legittimi proprietari, danno sfogo a dolori personali, esaudiscono il desiderio d’eternità dei grafomani antichi ‘imbrattatori’ dei muri.
È davvero difficile non rimanere affascinati da tutte queste voci così vivide e vitali; a meno che non si indossino spessi tappi di cera alle orecchie come furono costretti i compagni di Ulisse, salvi nel corpo ma privati per sempre del piacere della conoscenza e dello spirito.
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