Mi capita spesso di interrogarmi sugli obiettivi del mio mestiere, su ciò che, come Project Manager nel settore new media all’interno di ETT -azienda creativa e digitale-, considero essere alla base della passione e dell’entusiasmo con il quale affronto ogni nuovo progetto. Insomma, qual è il mio intento? Vorrei comunicare la Bellezza attraverso le emozioni. Potrebbe sembrare un fine utopico, o quantomeno naif, soprattutto se applicato in un ambito aziendale, ma vi assicuro che è quello che faccio ogni giorno e non vi è nulla di più concreto e impegnativo.
Innovare la comunicazione
Quotidianamente in azienda lavoriamo su proposte di valorizzazione del patrimonio culturale, nell’accezione più ampia del termine: beni pubblici o privati, istituzioni museali, eccellenze dell’alta moda o del settore enogastronomico. Saperi di ieri e di oggi, risultati di anni di ricerca, opere d’arte antiche o prodotti innovativi. A ogni contenuto serve il giusto mezzo di comunicazione ovvero il medium più appropriato per valorizzarne la storia, le peculiarità e gli aspetti più curiosi, che spesso si trovano nascosti o appiattiti dalla mancanza di una buona narrazione.
Sta a noi farli tornare a vivere. Ma… in che modo?
I cosiddetti new media riescono, in maniera più immediata rispetto ai mezzi tradizionali, a mettere in circolo il piano inconscio ed emotivo dell’utente, illuminando i dettagli, facendo riverberare la curiosità e spingendo oltre la voglia di scoprire e approfondire. È necessario tuttavia guidare il pubblico oltre lo stupore iniziale che certe soluzioni generano di per sé, ed è per questo che serve giocare e innovare sul piano della comunicazione.
Una ricetta segreta
Al giorno d’oggi possiamo oramai contare su una vasta scelta di tecnologie all’avanguardia e di contenuti audio, testuali, figurativi, con i quali dar vita a storytelling coerenti, interessanti, di saldo rigore scientifico ma anche divertenti. Si tratta di una ricetta segreta, i cui ingredienti cambiano di volta in volta per adattarsi all’oggetto di valorizzazione e al pubblico di riferimento. In questa sfida continua, la formazione umanistica che ho alle spalle mi aiuta a pensare come rendere sensibile la tecnologia, valutando soluzioni quanto più possibile invisibili per il pubblico, dense di significati e di evocazioni e in grado di raggiungere, con modalità diverse, ognuno di loro.
Credo molto nel pubblico e nel suo potenziale, ed è al pubblico stesso che mi ispiro in fase di progettazione: se oggi spetta alle istituzioni farsi portavoce dei valori culturali che custodiscono, è solo facendo uscire i contenuti dal museo, stimolando la riflessione e rendendone partecipe la collettività, anche a livello emozionale, che si può rinnovare la sensibilità nei confronti del nostro patrimonio per farlo tornare realmente a vivere.
Valorizziamo dunque, per traghettare nel futuro il nostro importante passato. Valorizziamo per conservare, per rendere parlanti la storia e l’arte, restituendo loro un ruolo sociale -e al tempo stesso social- e per far sì che gli stessi visitatori diventino protagonisti e ambasciatori di Bellezza. Difficile? Forse sì, ma fino a quando vedrò le persone in fila per entrare in un museo, non smetterò di sperarlo e di impegnarmi per questo. Se volete sapere come… non vi resta che leggere Racconti da museo!
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