A Jaya è sempre piaciuto tanto ballare. Sin da bambina sognava di fare dei corsi e imparare bene. Non quanto la sua amica Shaila che sperava un giorno di diventare ballerina. Lei, Jaya, aveva altre aspirazioni. Ma ballare la faceva sentire bene, le dava forza. Seguendo il ritmo della musica, le pareva di entrare in contatto con le membra, gli organi, il cuore e di farli muovere all’unisono, in equilibrio perfetto, così da far uscire il meglio di sé. Ballando, Jaya era libera. E ora che finalmente, con le sue nuove compagne, seguiva lezioni di danza, e imparavano assieme semplici coreografie, le pareva di toccare il cielo. Un giorno, tempo fa, le avevano parlato di certi mistici che danzavano roteando in cerchio fino a perdere il contatto con la realtà e raggiungere l’unione con Dio. Ecco, in quel preciso momento, concentrarsi sulla danza le consentiva di scordare tutto e tutti, liberare la mente, e sentire la pace.
Anche se quello dove si trovava non era un luogo di pace. Regnava la tristezza, persino il terrore. Jaya lo leggeva negli occhi di tutte le sue compagne. E nei suoi, quando si guardava allo specchio. Occhi neri, grandi, profondi, eppure incapaci di emanare luce. Inermi, pronti a lasciarsi scavare dentro. Nessuna raccontava perché era lì, alla Casa Rifugio, o almeno non pubblicamente. Capitava di dirsi qualcosa, qualche cenno, quando si era certe di essere in confidenza. Jaya sapeva che Alisha aveva subito violenze continue dallo zio, e aveva tentato di darsi fuoco. E che la piccola Denali vagava sola per la stazione Sealdah, il padre perennemente ubriaco, la madre sempre al lavoro per raggranellare una manciata di riso. Null’altro.
Di notte, però, sentiva le urla delle compagne che si svegliavano di soprassalto, in preda a qualche incubo. Capitava anche a lei, e ogni notte si addormentava temendo che tornasse. Si vedeva nell’auto che era andata a prenderla, in quella corsa di sera per le vie di una città per lei sconosciuta. È davvero Kolkata, così grande e buia? Lei aveva vissuto tutta la vita nel suo slum, le sue vie strette e poco altro. Dove mi stanno portando? Ho fatto bene a fidarmi? E se invece sono trafficanti? La donna che mi abbraccia è gentile, ma chi è davvero? E che sarà di me adesso? Il cuore in gola, provava di continuo a deglutire ma non ci riusciva. Era come paralizzata, le membra irrigidite, di marmo. Per un attimo ha temuto di morire lì, sull’auto. Il suo corpo tramutato in solida pietra.
Avrebbe dovuto seguire prima i consigli di Shaila ma non ci riusciva. In fondo, si era detta, anche sua madre si era sposata a 14 anni. Ma è felice sua madre? Se lo chiede solo ora, e dubita. Non era allegra, sua madre, quando le ha annunciato che si sarebbe sposata. Non la guardava neppure negli occhi e le parole le uscivano dalla bocca a fatica. Jaya era appena tornata da scuola, i libri ancora in mano. Le sono caduti a terra, di colpo, e non li ha più toccati. Non le servivano più, come non le serviva più sognare. Sposata a chi? Trent’anni, così vecchio. Jaya non conosceva ancora il suo destino, ma era segnato.
Shaila le aveva raccontato la storia mille volte. Una ragazza come loro, pochi anni prima, era andata un giorno a scuola dicendo “dalla settimana prossima non verrò più, mi sposo”. Allora i compagni tutti, uniti, si sono rivolti all’insegnante che a sua volta ha provato a parlare con i genitori. Ha spiegato loro che il matrimonio di minorenni è illegale, ma nulla da fare, non li ha convinti. Così i compagni hanno chiamato la ChildLine, sono intervenuti la polizia e gli assistenti di un’organizzazione, CINI si chiama, Child in Need Institute, e alla fine la ragazza non si è sposata più, ha continuato ad andare a scuola e si è diplomata.
Una bella storia ma non per me, pensava Jaya. Non ne aveva la forza. Andare contro la propria famiglia, ma si può? E dopo, cosa può fare una ragazza? Senza l’appoggio della famiglia, una donna non è nessuno. Il matrimonio, in fondo, è un salto nel buio ma può anche funzionare. La festa è andata benissimo. Cinque giorni interi tra bagni, massaggi, trucchi, profumi, fiori e gioielli splendenti. E poi la cerimonia, le luminarie, la banda, i balli. Tra lustrini e sorrisi, per un attimo Jaya è stata veramente felice. Il marito quasi non lo guardava, pensava solo a godersi la festa. Ma è stato un attimo.
La vita vera, accanto a quel marito che aveva il doppio degli anni suoi, è stata subito un inferno. Chiusa in casa con la suocera padrona, senza vedere nessuno neppure i genitori, se non in occasioni speciali. Usciva solo con lui quando voleva lui, giusto per qualche commissione o per far visita a parenti. Tutta la sua vita in due stanze minuscole. Una prigione. E la sera, immancabilmente, il rito del sesso. Nessuna carezza o gesto d’affetto. Neppure un bacio. Lui sopra di lei, pochi minuti di furia bestiale, e nulla più. Lui si addormentava di colpo lasciandola sporca dentro, e lei quella sporcizia se l’è portata nel sonno tutte le notti. Per due lunghissimi anni.
Non sa bene come è riuscita un giorno a comporre quel numero, 1098, la ChildLine, che le era rimasto scolpito nella mente dai discorsi di Shaila. La disperazione rende forti, lo aveva capito. Incoscienti, forse. Tutto pur di evadere da quell’inferno. “Aiutatemi!” aveva esclamato al telefono, e l’indirizzo. Null’altro. Ha messo poche cose in uno straccio – il vestito bello regalato dai genitori, due libri conservati dalla scuola, il suo unico pupazzo di bambina – e via con quell’auto giunta subito a prelevarla. Verso dove?
Ora è tranquilla, sa di aver fatto la cosa giusta. La casa di CINI che l’ha accolta è grande, lei non ha mai visto una casa così grande. Ed è bella, e tutti sono gentili con lei e con le sue compagne. Ora Jaya non è più sola. Però sa che quella è solo una parentesi. Cosa sarà di lei dopo? Se lo chiedeva da giorni e ora il momento è giunto. Sta danzando la sua ultima danza, e vorrebbe che non terminasse mai. Osserva le sue compagne mentre si muovono attorno a lei, e s’immagina in un cerchio dove tutte assieme la proteggono. Danzando, pensa, si sono aiutate a vicenda, scambiandosi quel calore che mancava a tutte loro. Troverà calore nella casa dei genitori, domani all’arrivo? Troverà l’aiuto e la protezione che cerca? O la guarderanno come una reietta e un’ingrata? Ha screditato suo padre e l’onore della famiglia tutta. Eppure alla fine i suoi genitori hanno accettato di accoglierla e persino di farla tornare a scuola. Così le è stato detto. Sarà vero?
Ma ora non è il tempo delle domande. Sia quel che sia. Ora conta soltanto ballare.
Cini: che cos’è
Questo racconto è stato ispirato da una visita, un anno fa esatto, alla Casa Rifugio per bambine a Calcutta della ong CINI – Child in Need Institute. Bambine che avevano subito violenze in famiglia, o date spose prima del tempo a uomini molto più vecchi di loro, o scappate da una vita familiare di privazioni, o anche vittime di violenze e bullismo a scuola e online. Tutte bambine, però, che avevano avuto la forza e il coraggio di chiedere aiuto e denunciare.
Ho giocato e ballato con loro, e avrei continuato all’infinito. Poi le ho abbracciate forte, mentre si stringevano a me tutte assieme. Sono uscita e sono scoppiata in un pianto infinito. La fragilità e al tempo stesso la forza immensa di quelle bambine, mi avevano fatto sentire piccola e impotente. Chissà se ce l’hanno fatta davvero. Io ci credo. Io credo in loro.
La tregua si ispira però anche a quel che mi ha raccontato una ragazza in un Learning center di CINI in uno slum (una sorta di doposcuola per chi non può permettersi altri aiuti, che in India sono indispensabili a colmare le falle dell’educazione scolastica): la bella storia della sua amica che, grazie alla pressione insistente dei suoi compagni di classe che si sono rivolti alla Child Line e a CINI, è riuscita a evitare il matrimonio e a continuare a studiare.
Cini compie 50 anni
Quest’anno Cini festeggia i suoi 50 anni di vita, fondata in un povero villaggio fuori Calcutta dal pediatra Samir Chaudhuri che voleva combattere alla radice le malattie e la mortalità infantili, con la giusta nutrizione. Già allora, infatti, Samir aveva capito che solo bambini e bambine che nascono e crescono ben nutriti possono sviluppare al meglio le proprie facoltà fisiche e mentali, e non diventare preda delle malattie e, in ultima analisi, della povertà.
Presto però l’aiuto di Samir si è esteso anche agli adolescenti, e in particolare alle bambine, date spesso in sposa prima del tempo. E ha voluto andare ancor più alla radice dei problemi dei poveri affrontando questioni sociali e culturali come l’analfabetismo, l’assenza di igiene, l’inferiorità sociale delle donne.
Da allora molto è cambiato a CINI che ora ha 1500 operatori in sei stati dell’India (e ha anche una sede operativa in Italia), ma è immutato l’imperativo di stare “sul campo” a fianco dei più poveri e indifesi, così da comprendere e condividere i loro problemi quotidiani, e trovare soluzioni pratiche, semplici, alla portata di tutti, e capaci di fornire a tutti gli strumenti per cambiare concretamente le proprie vite. Cini combatte la povertà con la diffusione della conoscenza e della consapevolezza dei propri diritti: al cibo, alle cure mediche, all’istruzione, all’assistenza sociale, alla partecipazione. Crea ambienti di vita sicuri e sereni per donne e bambini, perché ciò significa creare ambienti adeguati a tutti, e un futuro sostenibile per tutti.
Dalla parte delle bambine
Sono tornata a Calcutta e a Cini anche quest’anno per la grande festa dei 50 anni. Ho incontrato tante persone splendide, alla festa come negli slum e nei villaggi, e ho visto mamme imparare a nutrirsi bene con poco e a rivendicare attenzione e dignità per sé e per i propri figli. Però il mio vero cuore rimane sempre con quelle bambine cresciute anzitempo, e mi chiedo di continuo se ce l’hanno fatta e come. Perché Cini le aiuta, le sostiene e poi però (giustamente) le riporta in famiglia, dove verifica nel tempo che le loro scelte vengano rispettate. Per cambiare la mentalità di tutti in famiglia, attraverso le bambine. Per innescare un processo di cambiamento sociale vero. Ma il successo non è sempre assicurato.
Forza ragazze, siete solo all’inizio ma non vi scoraggiate, continuate a combattere. Il futuro è nelle vostre mani.
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