Pólemos è guerra. Guerra spietata di tutti contro tutti. Funziona così quando il pericolo è nell’aria: ognuno pensa a sé stesso, a sopravvivere a danno degli altri. Per sete di vendetta e perché non vede alternativa. Accadeva nei tempi cupi del conflitto tra Atene e Sparta, ma accade anche oggi in Ucraina, Palestina, Etiopia, Yemen, Myanmar. E quando alla guerra si aggiunge un’epidemia – peste o covid o altro – gli animi si inaspriscono ancor di più. Mors tua vita mea è l’unica legge che comanda.
Passioni brucianti, fedeltà antiche, vendette irrisolte
L’ultimo romanzo di Gianfrancesco Turano, Pólemos (Giunti 2022), è un’analisi realistica e spietata dei sentimenti che muovono gli animi in tempo di guerra – nella fattispecie la Guerra del Peloponneso – e delle conseguenze che provocano. Tutto nel romanzo è azione e adrenalina pura, e il ritmo incalzante incolla gli occhi alla pagina fino alla fine.
Fatti cruenti e massacri feroci si susseguono con descrizioni splatter da far impallidire Tarantino, ma tutto risulta più reale del reale. Perché ciò che Turano descrive è in verità un mondo di alleanze, atrocità, faide e meschinità che sono tutte terribilmente umane.
Sopravvivere
Tre sono i personaggi principali: Mirrina, ateniese in fuga dagli spartani che l’hanno fatta prigioniera; Procle, guerriero spartano dall’eredità famigliare oscura; Milone, poeta e commediografo in fuga dalla natia Magna Grecia e in cerca di fortuna. Personaggi borderline dalle azioni chiare negli intenti, ma di fatto ambigue. Al centro di un universo umano che si scontra e s’incontra più volte, tra alleanze e inimicizie che si fanno e si disfano, per confluire poi nell’Atene di Pericle e della peste devastante.
Pólemos unico dio
Ideali e passioni si confondono e s’intrecciano, prevalendo ora gli uni ora gli altri e portando a vicoli ciechi o svolte impreviste. Tutti obbedienti all’unico dio potente su tutto, Pólemos. Persino nei momenti di tregua la guerra non cessa ma si trasferisce negli agoni olimpici. Oppure nei tribunali dove accuse e infamie si moltiplicano all’infinito, frutto della volatile parola più che dell’aderenza ai fatti. Perché, in fondo, ha ragione Mirrina nel dire che “per vincere abbiamo corso pericoli e il pericolo è la nostra vittoria”.
Turano è un grande giornalista e scrittore, ma avrebbe potuto essere anche un grandissimo grecista. Conosce la Grecia antica come pochi, e anche in questo romanzo rivela un’intimità con fatti, idee e consuetudini veramente rara. E ci restituisce un affresco tumultuoso e impareggiabile dell’antichità più cruda e più vera.
Da leggere tutto d’un fiato.
Gianfrancesco Turano
Pólemos
Giunti, 2022, pagine 420, euro 18
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