Diciamoci la verità: quest’anno su Dante abbiamo visto e ascoltato così tanto che è oramai difficile trovare qualcosa di nuovo e singolare. Noi stessi di Archeostorie, quando il direttore del Museo archeologico di Napoli Paolo Giulierini ci chiese di realizzare un podcast su Dante, eravamo molto perplessi. Poi però, ragionando assieme agli amici di NWFactory.media, abbiamo trovato una chiave, un modo tutto nostro di affrontare la Commedia, ed è nato Divina Archeologia Podcast.
Un altro Dante
Così mi sono sentita molto partecipe e quasi ‘a casa’ nel visitare Ne la città dolente. Viaggio nel mondo dei morti al Museo delle civiltà. Si capisce chiaramente che anche i funzionari del Museo, coordinati da Alessandra Sperduti, hanno disperatamente cercato e brillantemente trovato una loro chiave originale. La mostra usa infatti i versi della Commedia come spunti per cogliere aspetti simili, oppure opposti, o collegati, o solamente immaginati in altre culture.
C’è davvero di tutto e ogni visitatore vi troverà qualcosa di cui stupire o riflettere. Le connessioni sono di mille nature: letterarie, antropologiche, filosofiche, religiose. Insomma non è affatto la solita mostra su Dante ma è curiosa, intrigante, coinvolgente. Da vedere assolutamente.
Dialoghi con l’aldilà
Mentre Dante e Virgilio si apprestano ad affrontare il primo girone infernale, la mostra ricorda che sull’altra riva dell’Atlantico, presso i Maya, due Eroi Gemelli stavano compiendo un viaggio simile che li farà tornare sulla terra portandovi la fertilità. E poi, se il viaggio nell’aldilà del mortale Dante, e dei suoi predecessori occidentali come Enea o Ercole, fu un’eccezione e un onore, in molte altre culture il mondo dei vivi e quello dei morti erano (e sono) molto più interconnessi.
Lo spirito di uomini con capacità particolari, come gli sciamani, visitava spesso il regno dei morti e tornava con precetti utili per il futuro. Magari aiutandosi con canti o musiche come quella prodotta dai tamburi dei Sami della Lapponia. E che dire del culto napoletano delle anime pezzentelle? È un accordo tra vivi e morti: i vivi si prendono cura di crani di persone senza nome e pregano per aiutarle a salire la china del Purgatorio, e in cambio le anime devono intercedere per le loro richieste di grazia. Un accordo equo, no?
Mille volti diabolici
L’immagine di Caronte ricorda quanti defunti della Grecia e Roma antiche venivano sepolti con una moneta, utile per pagare il traghettatore infernale. E Cerbero, cane infernale, “fiera crudele e diversa”, ricorda i cani che, in molte culture del mondo dall’Europa all’Africa alle Americhe, accompagnano i defunti nell’aldilà o rappresentano l’aldilà stesso. Compagni degli umani sia nella vita che nella morte.
Il Conte Ugolino invita ovviamente a parlare di cannibalismo e di quanto fosse importante, per varie popolazioni dell’Oceania, mangiare parti del corpo degli antenati per ereditarne lo spirito vitale. Usando però delle particolari ‘forchette’ per non toccarle. E la scenografica esposizione delle maschere diaboliche del teatro dei pupi siciliano ci ricorda che il diavolo non compariva solo a spaventare (e a volte aiutare) i vivi, ma si facevano intere rappresentazioni con soli personaggi infernali. Tutti burleschi perché della morte, per esorcizzarla, si può anche ridere.
Immagini celesti
E se Dante esprime tutto il suo stupore nell’ammirare l’Empireo ricordando gli occhi meravigliati dei barbari nel conquistare la splendida Roma, la mostra espone alcuni gioielli dalle necropoli longobarde dove furono incastonate antiche gemme romane. La meraviglia si concretizzò nella volontà di acquisire molti aspetti della cultura romana, che i longobardi di fatto ‘traghettarono’ verso le ere successive.
Che dire poi degli angeli? Al Museo delle civiltà ne posseggono a centinaia, tra statuine di presepe di ogni tipo. La chiusa della mostra è un trionfo di angeli che salgono fino al cielo, capitanati da San Michele Arcangelo che nella nostra Italia (e non solo) è presente in ogni dove con la sua spada sguainata contro il demonio.
Un intero museo in mostra
Attraverso Dante, il Museo delle Civiltà ha mostrato se stesso, le sue anime molte e molteplici. Ha messo al lavoro i propri esperti di tutte le culture del mondo affinché trovassero connessioni non scontate con le terzine dantesche. Ha usato anche tanta cultura popolare italiana, per dire che i temi di Dante li stiamo vivendo ancora oggi. Ha colto nessi persino tra i reperti altomedievali. E ovviamente ha scavato a fondo nella preistoria.
Giganti come Gerione? Noi abbiamo le gigantesche tombe preistoriche della Sardegna che s’immaginavano costruite per esseri giganteschi (e in mostra c’è uno splendido modellino novecentesco di una tomba che ora non c’è più). Omero “poeta sovrano”? Ci sono oggetti da Troia, dono personale di Heinrich Schliemann a Luigi Pigorini per il museo che proprio allora si stava costituendo (siamo negli anni Ottanta dell’Ottocento).
In fondo, Dante ha parlato all’umanità intera. Ha confessato paure, tentazioni e ossessioni che sono in realtà di tutti noi. Le ha volute conoscere e affrontare, per provare a superarle. Cosa c’è oltre la vita? Quanto vale ciò che siamo, di fronte a quel che saremo? E qual è il nostro ruolo nel cosmo? Dante ha usato per questo la fede e la poesia, mentre altri hanno pensato e agito in modo diverso. Ma quel che tutti hanno voluto esprimere, è un bisogno tutto umano. È forse l’essenza della nostra umanità.
Ne la città dolente. Viaggio nel mondo dei morti
Roma, Museo delle Civiltà, piazza Guglielmo Marconi 14
fino al 30 dicembre 2021
info https://museocivilta.beniculturali.it
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