È un’agorà moderna quella realizzata al Museo archeologico di Bologna dal primo luglio scorso per i prossimi dieci mesi, in concomitanza con la chiusura del primo piano del Museo per lavori di adeguamento alla normativa antincendio. Ha preso il nome di Agorà archeologia. La piazza vicino alla piazza con riferimento alla vicina Piazza Maggiore (la piazza per antonomasia della città), ed è concepita come un luogo polifunzionale dove esporre a rotazione alcuni dei reperti di maggior pregio del primo piano.
Agorà archeologia vera piazza d’incontro
Si parla però sin d’ora di prolungare l’iniziativa anche oltre l’emergenza. Perché ha trasformato il museo in una piazza vera dove le persone si incontrano e ragionano assieme sull’antico, sugli oggetti del museo, sul loro significato e il loro rapporto con il mondo d’oggi. È un bel modo, insomma, per comprendere meglio il nostro tempo, riflettendo sul passato.
“Un’idea scaturita dalla necessità dei lavori e che non ha richiesto risorse particolarmente ingenti”, spiega ad Archeostorie l’archeologa del Museo Federica Guidi, con grande orgoglio. “A parte i costi base, per la grafica o le pannellature, tutto è stato pensato per utilizzare le risorse e le competenze che il museo possiede già. Abbiamo lavorato all’insegna del risparmio e dell’ottimizzazione, valorizzando il Museo stesso nelle sue possibilità”.
L’idea nasce dal desiderio della direttrice Paola Giovetti di reinventare il Museo per il periodo di parziale chiusura forzata. “Volevamo creare uno spazio che non facesse rimpiangere l’assenza del primo piano. E ci siamo autocopiati”, continua Guidi.
“Mi spiego. In passato, durante un altro periodo di chiusura parziale del Museo, abbiamo sfruttato le nostre professionalità interne per ideare la mostra Ritratti di famiglia che ripercorreva la storia del museo attraverso i suoi ‘padri fondatori’, lungo un’ideale linea del tempo che dal Cinquecento, con Ulisse Aldrovandi, giungeva fino alla direzione dell’archeologo Pericle Ducati (1921-1944).
“Il nome scelto, agorà, riassume quel che vogliamo ottenere da questo spazio: un richiamo immediato al mondo antico, e far incontrare le persone”.
“Lo spazio dell’Agorà è versatile” continua Guidi. “Gli oggetti esposti cambiano ogni mese e sono presentati da spiegazioni esaurienti ma brevi: 30 minuti in tutto. Così che tutti possano tornare ripetutamente e trovare sempre cose nuove, ed essere partecipi anche con poco tempo a disposizione. È inoltre uno spazio versatile, pronto ad ospitare anche iniziative di natura diversa, quali letture e spettacoli”.
Del resto il Museo archeologico è un museo civico e – in quanto tale – deve essere un punto d’incontro per tutti. Ma com’è strutturata, esattamente, l’Agorà?
Sperimentare l’antico con tutti i sensi
È articolata in tre spazi: il primo è un luogo d’incontro dove, almeno una volta a settimana, si raccontano oggetti più o meno noti. “Compito dell’archeologo, in questo caso,” specifica Guidi “è raccontare l’oggetto in una chiave diversa da come viene presentato normalmente nel Museo. Vogliamo renderlo amico e conosciuto”.
Il secondo è il cosiddetto ‘Spazio aperto’ destinato ai più piccoli, ma non solo: vi sono riproduzioni dei pezzi più importanti delle collezioni che possono essere manipolate con la supervisione di mediatori museali. “Ci piace l’idea che si possa riprendere contatto con la parte del Museo che non c’è in una modalità informale: l’esperienza tattile è importante”, spiega Guidi.
Il terzo spazio dell’Agorà è dedicato alle mostre temporanee. Ora è in corso la mostra su Archeologia e Divina Commedia, a cura di Marinella Marchesi, che celebra l’anniversario della morte di Dante ricordando i molti personaggi e tradizioni mitiche del mondo antico che il poeta riprende, spesso in chiave cristiana.
“Ci sono connessioni se vogliamo scontate, ma anche altre che non lo sono affatto, come il richiamo all’oltretomba egiziano filtrato dalle tradizioni ebraica, greco-romana e cristiana e dalle successive dottrine medievali. Sono esposti oggetti solitamente chiusi nei depositi, come le medaglie e le monete, e oggetti che appartengono ad altre collezioni. Per introdurre la mostra, abbiamo usato proprio una medaglia in argento con il profilo di Dante”.
La mostra passa poi in rassegna i molti protagonisti di catabasi del mondo antico: parte da Enea, raffigurato su diversi oggetti esposti, ma poi ricorda anche Eracle, Odisseo, Teseo e Orfeo. Narra poi dei custodi infernali, come Cerbero, i Centauri, Medusa. Per concludere con Venere o Apollo, le divinità pagane nominate da Dante nel Paradiso in quanto personificazione dell’amore puro l’una, e dell’ispirazione divina l’altro.
Il museo animale vivo
Per capire se bolognesi e visitatori apprezzeranno l’Agorà, si dovrà attendere qualche tempo, però Guidi parla con soddisfazione delle reazioni positive alla riapertura del Museo dopo i lunghi mesi di chiusura: “Il pubblico sta rispondendo tutto sommato bene e le visite guidate sono molto frequentate. Certo, non tutti sono pronti a chiudersi in un museo, di questi tempi, ma sono certa che l’Agorà sarà accolta con grande entusiasmo”.
L’Agorà non è però l’unica novità dell’Archeologico. Fino al 31 dicembre 2023 sarà anche la casa di una monumentale statua della dea egizia Sekhmet, seduta in trono, generosamente prestata dal Museo Egizio di Torino. Ora la statua dà il benvenuto ai visitatori all’ingresso del polo bolognese.
“Con il progetto Agorà e il prestito della Sekhmet” conclude Guidi “vogliamo far capire che il museo è una animale vivo: tesse relazioni con musei e istituzioni, e ha un backstage che il pubblico non vede ma che deve invece conoscere. Vogliamo essere un segno della vitalità della rete dei musei civici anche quando, come in questo momento storico, non si possono organizzare eventi spettacolari. Perché il museo stesso è uno spettacolo continuo”.
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