Prima della pandemia, chiunque entrasse a Villa Bernasconi a Cernobbio, sul lago di Como, era un ospite. “Fa come fossi a casa tua” era il messaggio di questo gioiello Liberty. E lo facevano tutti, anche frugando nei cassetti o rispondendo al telefono in cerca di storie. Ora però toccare tutto è complicato, e come molti altri musei, anche la villa si è dotata di un’app (scaricabile da tutti gli store) che sostituisce cassetti, oggetti, telefono e quant’altro. Ma non per questo ha rinunciato all’idea di attribuire un ruolo ai visitatori: ora, con mascherina che copre il volto e smartphone che ‘cattura’ le storie, ogni visitatore è ‘ladro di storie’.
Un’idea, un concetto, un’idea
Basta davvero poco per trasformare una prassi in qualcosa di originale e vincente. Serve però un’idea. Anche semplice, ma un’idea vera. A Villa Bernasconi non si sono mai accontentati di fare le cose come tutti: ogni loro azione ha avuto alla base un’idea bella e caratterizzante. A partire dal progetto di fondo da cui tutto ha avuto inizio: la Villa, oramai svuotata dei suoi arredi originari oltre che delle persone, è diventata lei stessa il personaggio principale, l’eroina della storia che si vive al suo interno. Villa Bernasconi è la ‘casa che parla’.
A ricordare con noi di Archeostorie le molte vicende che hanno portato alla creazione della ‘casa che parla’ c’è la vulcanica Claudia Taibez, direttrice della Villa oltre che responsabile del settore turismo, cultura e sport del Comune. Lo fa con grande emozione e orgoglio, e una buona dose di entusiasmo per le sfide che l’attendono in futuro.
Un imprenditore illuminato
Lei stessa ha lavorato all’interno della Villa una ventina di anni fa quando era sede di uffici comunali. Dunque la conosce a fondo, palmo a palmo, e ne ha vissuto ogni minima trasformazione. Quasi s’immedesima nella Villa e nella sua storia. Una storia di grande imprenditoria come altre, da quelle parti: ai primi del Novecento, l’ingegnere Davide Bernasconi costruì un impero tessile noto in tutto il mondo. E volle la propria villa ‘alla moda’ accanto alla fabbrica, piuttosto che in riva al lago.
La fabbrica aveva attorno anche le case dei dirigenti, gli alloggi per gli operai, asilo, scuole, centri ricreativi: una vera e propria ‘cittadella della seta’ che si è poi trasformata nel Quartiere San Giuseppe della Cernobbio attuale. Il Municipio è stato in realtà la prima casa dei Bernasconi; la scuola d’oggi era in passato un magazzino; tintoria, asilo e abitazioni non hanno mai cambiato funzione.
Invece Villa Bernasconi, col tempo, è stata svuotata di tutto ed è diventata sede della Guardia di finanza, prima che degli uffici comunali. Si è cambiato pagina solo nell’anno 2000 quando la Villa ha cominciato a ospitare mostre temporanee. E ci sono voluti dieci anni per restaurarla tutta. “A quel punto, l’utilizzo come sede di eventi non era più sostenibile per tutte le complicazioni che una villa storica impone agli allestimenti. E poi abbiamo deciso che un simile gioiello meritava altro. Ma cosa?”. Taibez comincia il racconto che le piace di più, e comincia a infervorarsi.
Villa Bernasconi casa che parla
“Il progetto della villa è stato, e continua a essere, un grande lavoro di squadra. È questa la sua cifra più importante. Abbiamo tutti riflettuto a lungo, abbiamo fatto e scartato progetti che non ci soddisfacevano. E alla fine abbiamo capito che la nostra ‘collezione’ – se così si può chiamare – è la casa stessa, non altro. Anche se vuota dentro.
Dunque sarebbe stata lei a parlare ai visitatori, e non l’architetto che l’ha costruita o chi l’ha abitata. Non sarebbe stata una casa-museo come tante altre, ma un ‘museo-casa’. Abbiamo insomma ribaltato la prospettiva e tutto ci è parso più coerente, e utile per tutti: per i visitatori che si sentono accolti proprio come ‘a casa’, ma soprattutto per i cittadini”. Taibez è un fiume in piena.
“Qui prima della pandemia si poteva venire anche solo a leggere un libro, a suonare il piano, o per le molte feste che abbiamo organizzato. In poco tempo la Villa era già diventata un punto di riferimento per molti. Purtroppo è durato poco perché se abbiamo aperto ufficialmente nel 2017, la vera apertura totale, a pieno regime, è stata solo nel 2019”.
Pronto chi parla?
Villa Bernasconi è diventata dunque una casa accogliente anche senza mobili e arredi, ma ricca di installazioni che raccontano la vita della famiglia ai primi del Novecento, e della fabbrica tutta. Grazie a finanziamenti di Cariplo e Regione Lombardia, gruppi di giovani creativi hanno potuto inventare cene in villa assieme alla famiglia Bernasconi e ai suoi illustri ospiti, tavoli parlanti che narrano architetture e decori, telai che ricordano le innovazioni di allora nel campo tessile, foto e cimeli che fanno sentire il visitatore come uno di famiglia, oggetti di lavoro che narrano la vita in fabbrica e l’eredità odierna dell’imprenditoria novecentesca. Il tutto in un’atmosfera dove musiche e suoni sono così pervasivi da immergere totalmente il visitatore nel clima dei primi del Novecento, e fargli desiderare di non tornare all’oggi mai più.
C’è poi una cassettiera interattiva che invita ad aprire i suoi cassetti, per entrare in intimità con i ricordi di donne e uomini che hanno legato la propria vita lavorativa e famigliare all’azienda serica. Non si può fare a meno di ascoltarli con un filo di emozione. Mentre la proposta della ‘caccia’ fotografica alle specie vegetali nei decori liberty della villa, risveglia l’animo infantile di ciascuno: la visita diventa una continua ricerca dei dettagli. Per scoprire poi che sono tutti intimamente collegati con la storia della seta.
C’è anche un telefono che squilla a intervalli, e chi risponde si trova a impersonare uno di famiglia e a colloquiare con amici o politici o industriali di allora. “È l’installazione più gettonata” dice Taibez. È una delle realizzazioni delle due intraprendenti donne di Rataplan, a cui Taibez si è affidata anche per affrontare l’emergenza pandemia: la app che ‘ruba’ le storie alla villa, e in pratica si sostituisce ad alcune installazioni ora non praticabili, è opera loro. “Un lavoro fantastico fatto tutto in un mese: un miracolo!”.
Tutti assieme per Villa Bernasconi
Saprà un progetto così originale stare al passo coi tempi e innovarsi di continuo? La domanda, ovvia in questi tempi vertiginosi in cui si diventa obsoleti in un attimo, non trova Taibez impreparata. “Il progetto Villa Bernasconi è a lungo termine e ben pianificato: le installazioni sono innovative ma discrete, realizzate in armonia con il clima liberty che si respira in villa, e prive di rischiose tecnologie alla moda”.
Ma la vera forza della Villa, e il suo capitale futuro, è la rete di relazioni che Taibez & Co. hanno costruito. “Alla fine, il lockdown ci ha permesso persino di allargare la nostra rete sempre più, e di consolidarla”. Rete con realtà imprenditoriali della zona, come pure con archivi e musei come la Pinacoteca civica di Como che presta quadri alla Villa a rotazione, contribuendo così a rinnovarla di continuo.
La rete più importante, però, è sempre con i cittadini: discendenti degli operai e degli impiegati dell’azienda di Bernasconi, hanno portato e continuano a portare alla Villa ricordi di famiglia, foto, attrezzi da lavoro, e tante storie. Anche i discendenti di chi intratteneva rapporti di lavoro o amicizia con i Bernasconi, hanno portato in Villa ritratti, oggetti e storie.
Così la storia della Villa, e di Cernobbio tutta, si arricchisce di continuo: si arricchiscono le installazioni in Villa, come anche il nuovo progetto di valorizzare la ‘cittadella della seta’ dei Bernasconi. Molti edifici sono stati ristrutturati di recente, e ora attendono di essere riempiti di storie. “Presto – conclude Taibez – Cernobbio offrirà ai suoi visitatori un itinerario di archeologia industriale assolutamente originale. Proprio come il ciclo di vita del baco da seta scolpito sulla facciata della Villa, il nostro progetto è in metamorfosi continua”.
Ha collaborato Anita Membrini.
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