Roma, 80 d.C., estate
Zoilos, sedici anni, campano di Puteoli, si affretta tra la calca nella calura estiva verso l’anfiteatro che l’imperatore ha appena regalato al popolo romano: è il più grande del mondo, un gioiello di architettura e tecnica. Tiene per mano Annias, la bella ragazza di origine lidia conosciuta al Foro Olitorio: la prima volta che l’aveva notata, da lontano, era rimasto colpito dai suoi grandi occhi neri, poi era stato stregato dalla litania della sua voce, con quel dolce, strano modo orientale di sussurrare le parole in Greco, la loro comune lingua madre.
Ora, in mezzo alla folla, Zoilos si muove a fatica e, tenendo Annias per mano, raggiunge a stento i posti più alti della cavea. “Χαῖρε” (“addio”) le dice, con la sua dura pronuncia magnogreca, infilandole nella tunica per scherzo, ma con premura affettuosa, un grappolo di cerasa, ciliegie: quel piccolo, gustoso frutto rosso del lontano Ponto Eusino che l’aiuterà a resistere a ore e ore di spettacolo. “Χαῖρε” risponde lei in un soffio melodioso, intimidita ma gratificata dal dono, e si allontana verso la summa cavea, il luogo più distante dall’arena destinato alle sole spettatrici in piedi, ma almeno al coperto.
È bello vedere i giochi gladiatori, pensa Annias, ma ancora più bello chiacchierare con altre donne lontano dagli occhi indiscreti: chi si vanta del bracciale nuovo, pegno d’amore, chi delle premure della matrona e chi si lamenta del prezzo della verdura; non sono tutte simpatiche, e qualcuna è pure invidiosa, ma sono tutte graeculae come lei.
È bello uscire con la puella, pensa Zoilos, ma ancora più bello, se è lecito dirlo, è ammirare le gesta dei gladiatori e per un giorno dimenticare tutto quel che è successo: l’incendio che ha devastato Roma, l’epidemia che, invisibile, continua a uccidere gli amici e soprattutto il disastro familiare. Tutto è sepolto laggiù in Campania, sotto la lava del Vesuvio, così come è ormai sepolta la speranza di un futuro migliore.
Ma ecco, nel clamore degli ottantamila presenti, d’improvviso nella cavea compare ‘l’amore e delizia del genere umano’: è Tito, l’imperatore italico che si è formato giovanissimo nell’arte militare in Germania e in Britannia, trionfatore nella recente campagna in Giudea. È scortato dai suoi Batavi, nordici e massicci body guards dai capelli biondi, qualcuno sorprendentemente dalla pelle scura come i fratelli Indus ed Eumenes, i due Orientali prediletti dal princeps.
Poi, al primo boato della folla, ne segue presto un secondo: in una nuvola di polvere, volano i carri dei gladiatori nell’arena. Zoilos, con il cuore in gola, riconosce i Samnitai che combattono a torso nudo con lo scudo e l’elmo che furono degli ‘stranieri’ mesoitalici, un tempo nemici dei Romani; ci sono anche i retiariii germanici, da Carnutum, e quelli libici da Misurata che tanto fanno sospirare il pubblico femminile perché vestiti… di sola rete e di tridente.
Il vero idolo della folla, però, è Baccibus, il gladiatore trace di origine e d’armi, che ora alza il pugnale ricurvo verso l’imperatore e dà il segnale al coro dei combattenti: “Ave, Caesar, morituri te salutant!”. Sorride l’imperatore, e a pochi metri di distanza sorridono a ragione i redemptores marmorarii, gli appaltatori del marmo giunti a Roma dal Mar Nero per un affare, quello dell’anfiteatro, che mai avrebbero potuto realizzare nella loro Nicomedia, patria bella e lontana.
Ora un canto forte e monotono si alza dall’esterno, come fosse la cadenza di enormi remi battuti nell’acqua, e via via raggiunge la platea nell’anfiteatro, sempre più concitata. I marinai della flotta di Miseno si danno il ritmo mentre tirano le corde per ammainare il velario: scandiscono numeri nella lingua di Roma, il Latino, ma sono mille le inflessioni nelle loro voci, raccolte da tutte le sponde del Mediterraneo.
Annias ha paura di quella tenda enorme comparsa sulla sua testa dal nulla, e delle altissime travi che la sostengono, proprio dietro alle sue spalle; mai visto niente di simile! Cerca con gli occhi Zoilos sperando nel suo aiuto, si pente di averlo seguito, invoca gli dèi, ma è un attimo: sull’arena si stende l’ombra con il suo refrigerio, suonano le trombe, la folla ammutolisce. Ha inizio lo spettacolo.
Roma, 2021 d.C., inverno
Luca e Joseph, Michele e Thomas Karol, Davide e Clara Naima, sedici anni, sono alcuni degli studenti del Liceo classico Pilo Albertelli di Roma che partecipano quest’anno al progetto TRAME, Tracce di Memoria 2020-2022, il primo Erasmus Plus a vocazione completamente archeologica (2020-1-IT02-KA201-079794). Il tema delle migrazioni è al centro di questo lavoro che consentirà agli studenti di comprendere il valore della diversità culturale attraverso l’eredità lasciata dai nostri predecessori europei.
Almeno tre le parole chiave che faranno da viatico in questa esplorazione nello spazio e nel tempo: la prima è contaminazione, perché è il processo storico che, attraverso le migrazioni di popoli, ha arricchito e modellato le culture nazionali e sovranazionali del nostro continente; la seconda è identità europea, perché in collaborazione con l’Istituto di archeologia della Serbia, l’Istituto di belle arti di Belgrado, l’associazione ungherese Cultural Heritage Managers, l’Università di tecnologia di Cipro, il Direttorato di Catalca e l’Università di Varsavia, ricostruiremo la storia di questi Paesi scoprendo le nostre radici comuni; la terza è storytelling perché solo attraverso lo studio, la narrazione e l’ascolto della storia nostra e altrui, possiamo aprirci senza pregiudizi imparando che conoscere gli altri significa scoprire da dove noi proveniamo.
Appena le condizioni sanitarie internazionali lo consentiranno, studenti, professori e operatori culturali dei Paesi partner si ospiteranno vicendevolmente per ripercorrere nel tempo quegli itinerari di migrazioni che ci rendono, per assimilazione culturale, un’unica comunità europea. Intanto gli studenti del Liceo Albertelli, unica scuola italiana che partecipa a TRAME, si stanno preparando ai futuri incontri studiando i viaggi e i viaggiatori dell’antichità greca e romana.
Sono tanti i temi da affrontare per incrementare le competenze e lo spirito critico dei ragazzi, come lo studio delle modalità dei viaggi per terra e per mare, le motivazioni che animavano i viaggiatori, le difficoltà di inserimento degli stranieri nella società romana, la loro lingua, i loro culti e i loro diritti in terra straniera. Ed è impossibile non riflettere sul presente studiando questi aspetti di quel mondo, così come è impossibile non accorgersi di quanto multietnica, poliedrica e culturalmente ricca fosse la società romana fin dall’epoca imperiale.
Simbolo di quell’antico melting pot, per la sua stessa vocazione all’accoglienza di tutti, è l’Anfiteatro Flavio: non a caso, il capofila del moderno progetto TRAME è proprio il PARCO – Parco Archeologico del Colosseo che, attraverso la sua direttrice Alfonsina Russo, ha fortemente voluto e sostenuto l’iniziativa, nonostante tutte le difficoltà dei nostri giorni. Le attività previste per quest’anno sono: la collaborazione a distanza tra i liceali romani e gli studenti dell’Istituto di belle arti di Belgrado, la realizzazione di un libro che raccolga le best practice sviluppate tra le scuole e le Istituzioni nei vari Paesi, e un docufilm su tutte le attività a cura della società Hyria Lab.
Sarà bello visitare l’Europa alla ricerca del proprio passato, ma ancora più bello per Luca, Joseph, Michele e tutti i loro compagni è poter entrare ora nel Colosseo e sedersi virtualmente accanto a Zoilos ed Annias, scoprendo che se Zoilos è campano e Annias microasiatica, anche i loro idoli, i gladiatori, sono stranieri, così come molti tra il pubblico, tra le guardie dell’imperatore e gli addetti allo spettacolo. Sono stranieri, certo, ma sono tutti Romani, straordinariamente ricchi e diversi culturalmente.
Non è affatto strano, dunque, incontrarsi oggi in un percorso culturale europeo giungendo da itinerari diversi, così come non era strano che nel giorno d’inaugurazione del Colosseo un cerasum asiatico, una ciliegia, finisse dalle mani di un Magnogreco nella tunica di una bella Orientale.
P.S. Ogni riferimento a fatti e personaggi non è puramente casuale, ma storicamente documentato.
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