Lei, la mia amica, è taciturna ma decisa: sa dove stiamo andando. Io invece no. So solo che sto percorrendo un’antica via, sulla quale affacciano da un lato e dall’altro bassi muretti che un tempo dovevano essere alte pareti di edifici, ma che oggi, al buio poi, non mi dicono nulla. Se non che mi trovo tra le rovine di una città romana. Proseguiamo la nostra via sul basolato, in silenzio. Vedendo poco, ho gli altri sensi all’erta: il minimo fruscìo mi fa trasalire. Perché non ho portato una torcia? Questa fioca luce arancione non mi basta.
Un lamento improvviso, e qualcosa di morbido mi sfiora: caccio un urlo soffocato, ma nella penombra scorgo un gatto nero che mi sorpassa e va avanti. Tiro un sospiro di sollievo e mi vergogno per essermi spaventata. Tengo per me questa piccola disavventura. La mia amica accanto a me continua a tacere, sembra quasi un’ombra.
Tra gli alberi scorgo finalmente la sagoma illuminata di due grandi templi dorici: ah, ma ho capito! Siamo a Paestum! Mi volto verso la mia amica e glielo dico trionfante! Lei accenna un sorriso compiaciuto e mi dice “Ti piace la sorpresa?”
“Ma sì, certo! I templi di notte sono favolosi!”
“Pensa, mi dice lei, si può entrare anche all’interno dei templi, passeggiare tra le colonne, entrare nella cella e immaginare che ci sia ancora la grande statua del dio illuminata dalla luce delle fiaccole.”
“Meraviglioso” penso. Sì, meraviglioso e terribile, anche, perché è davvero buio intorno, e il vento soffia tra le frasche degli alberi in modo piuttosto sinistro. Ma forse sono io che mi faccio suggestionare.
Poi arriviamo davanti alla facciata del cosiddetto Tempio di Nettuno.
In realtà, dicono gli studiosi, probabilmente il tempio era dedicato a un’altra divinità, ad Apollo più precisamente. E penso che non c’è dio più superbo e altezzoso di lui, nell’Olimpo greco: chissà come l’ha presa a sentirsi scavalcare dal dio del mare nelle interpretazioni degli uomini, inutili incapaci mortali. Non posso soffermarmi molto su questi pensieri, perché la mia silenziosa amica allunga un dito per indicarmi di guardare la facciata. E’ incredibile: le colonne si animano, e le stagioni, gli elementi naturali, scorrono su di esse, sull’architrave e sul fregio: dapprima sono fiamme, poi foglie autunnali portate dal vento, poi spirali che diventano delfini, quindi nuvole bianche in un cielo blu e tuoni e fulmini e infine stelle fisse nel nero universo.
Sono incantata, così non mi accorgo che sono rimasta sola. Dov’è la mia amica? Ah, è già entrata nel tempio! Mi guarda, accanto a una colonna, e sembra una formichina insignificante. La seguo, e cominciamo a camminare sulle antiche lastre di pietra della peristasi, che nel V secolo a.C. erano calcate dai fedeli e dai sacerdoti che compivano riti. Mi par di vederli, ombre alla luce di flebili fiaccole.
“Vieni, giriamo tra le colonne!” Mi incita la mia amica. Accolgo con entusiasmo l’invito, anche se ho un po’ di inquietudine addosso. Ma cerco di scacciarla ridacchiando e parlando ad alta voce, quasi urlando, anche se la mia amica mi è vicina. Non ci siamo solo noi nel tempio: altre persone come noi stanno camminando tra le grandi colonne. Una di esse mi colpisce: è seduta, di schiena, e nella penombra del tempio mal illuminato, mi sembra che le si allunghino i capelli grigi lisci, e sia vestita di viola e di stracci. “Sembra una strega” ridacchio con la mia amica, la quale ride a sua volta.
Mi viene un’idea: perché non ci divertiamo a fare gli agguati agli altri visitatori sbucando improvvisamente da dietro una colonna? La mia amica approva e allora inizio, e faccio anche una voce contraffatta, e mi spavento io stessa del vocione che mi esce. Poi sbuco da dietro una colonna ma resto atterrita: i volti delle persone che vorrei spaventare, alla luce fioca del tempio si distorcono e diventano simili ai fantasmi che mi spaventavano da bambina! Più simili a demoni infernali che a esseri umani. No, non può essere! Non cedo alla suggestione, mi giro verso la mia amica e le urlo nervosamente “Oh mio dio, volevo fare lo scherzone, ma sembra che loro lo facciano a me” e lei in risposta scoppia a ridere e anche il suo viso si distorce e diventa una maschera terribile e grigia, con gli occhi fiammeggianti. Io urlo, intorno a me, ovunque mi giro, vedo facce distorte e persino le grandi colonne del tempio ora si spengono, e piombo nel buio più totale, urlando.
Nel buio di camera mia mi sveglio ansimando. Ancora negli occhi le immagini orribili, che non vogliono andar via. Mi alzo, voglio cancellarle. Guardo il calendario: è il 31 ottobre; da qualche parte nel mondo è Halloween. Bevo, la bocca asciutta dal terrore provato in sogno. Mi rimetto a letto. Ma non mi addormenterò facilmente.
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