Dopo secoli di lontananza dal mare l’abitato di Classe, situato a pochi chilometri da Ravenna e sede in antico del porto della città, viene di nuovo lambito dalle onde: anzi, da un’onda sola, lunga e scintillante, che sgorga da quello che sarà il futuro Museo della città e del territorio per accogliere turisti e curiosi che vorranno riscoprire il passato ravennate. Il Mosaico dell’Onda, questo il nome dell’opera inaugurata il 31 ottobre scorso, chiude la prima tranche di lavori di valorizzazione nell’area del Parco archeologico di Classe, che in futuro comprenderà il sito del porto antico, aperto già da luglio scorso, il museo che sarà inaugurato la prossima estate, e la Basilica di San Severo che è invece ancora in corso di scavo. E non a caso il Mosaico dell’Onda punta in direzione del sito archeologico del Porto antico dove dall’estate scorsa l’acqua è tornata davvero a lambire le rive. L’area già visitabile è il frutto di una complessa opera di riqualifica archeologica, paesaggistica e ambientale. Proviamo ad analizzarla assieme.
L’esperienza del Parco archeologico di Classe è un prototipo da imitare
Vero. Si tratta di una valorizzazione paesaggistica volta a rendere più comprensibile e fruibile un sito archeologico (quello del porto antico) per anni mal sfruttato. A condurre l’esperimento è la Fondazione RavennAntica, che raccoglie investitori pubblici e privati per garantire una buona gestione del sito, affidatole dallo Stato per quattro anni.
La riqualifica paesaggistica del porto lo rende più comprensibile per i turisti
Vero. Come ha fatto notare Daniela Baldeschi, l’architetto titolare dello studio che ha realizzato il Parco, “L’impatto visivo è minimo e le strutture antiche sono protagoniste”. L’inserimento di un lago artificiale per dare l’idea del mare, realizzato sfruttando l’acqua della falda emersa durante gli scavi, rende il sito “leggibile” come porto (infatti oggi la linea di costa è spostata, rispetto al passato, di una decina di chilometri). Nel progetto è compresa anche una risistemazione del verde e una schermatura composta da alberi. Percorsi e pannelli esplicativi – una decina – “appaiono” solo durante la visita. I materiali usati – legno, vetro, acciaio corten – si integrano tutti visivamente con le strutture portuali. Lo studio ha puntato anche sulla messa in sicurezza, spostando l’ingresso dov’era possibile creare una piazza che collega i tre edifici preesistenti (due di fine Ottocento e uno degli anni Settanta del Novecento).
I lavori hanno reso la manutenzione più facile ed economica
Falso, ma è comprensibile perché per tenere in ordine un sito del genere sono necessari molti sforzi. Gli elementi più difficili da gestire sono soprattutto l’acqua e il verde. Un sistema di pompe garantisce che il laghetto mantenga sempre lo stesso livello. Il problema delle canne, che crescono veloci e invasive, è stato risolto introducendo carpe giapponesi che si nutrono con i germogli delle canne stesse e evitano il ristagno. Poi c’è la manutenzione del verde, per cui è prevista l’azione di un giardiniere specializzato per i 7-8 sfalci minimi annui e l’uso del diserbante sulla pedana che indica il percorso di visita, oltre all’azione dei volontari del Gruppo archeologico ravennate per tenere l’area sempre in ordine in attesa dei lavori programmati. Il Laboratorio di restauro del mosaico e del lapideo della città interviene, infine, per mantenere i reperti esposti all’aria aperta, che rischiano il deterioramento.
Tutte queste misure (tranne il lavoro dei volontari) hanno un costo complessivo annuo che si aggira sui 90mila euro.
Il sito è economicamente sostenibile
Falso, anche se la gestione di RavennAntica si sta dimostrando assai migliore di quella precedente affidata alla Soprintendenza. “Credo che non ci siano siti archeologici capaci di mantenersi da soli”, osserva il direttore di RavennAntica Sergio Fioravanti. “Classe è stato riaperto dopo che per anni ha visto 1.000 ingressi all’anno a fronte di 2.000 euro di introiti con costi di gestione molto più alti, coperti tutti dallo Stato. In questi due mesi e mezzo di sperimentazione, la Fondazione ha contato circa 10mila visitatori; l’aspettativa è di raggiungere i 20mila ingressi annui per un totale di 65-70mila euro compresi bookshop e servizi aggiuntivi”. I 20-25mila euro di differenza necessari per coprire i costi dovranno essere trovati dalla Fondazione attraverso accordi con investitori privati o fondazioni.
Si è dato valore alla sostenibilità ambientale
Vero e falso allo stesso tempo. I punti a favore sono gli alberi appena piantati che, crescendo, potranno fornire ombra e frescura in estate su un lato del sito, e le luci a led a bassissimo consumo del camminamento, usate per le visite serali. I materiali impiegati sono riciclabili al cento per cento: è una buona notizia, ma questo non li classifica automaticamente come ecologici o a basso impatto. Si potevano, forse, cogliere anche spunti per ridurre il consumo energetico degli edifici all’ingresso, come sistemi energetici alternativi (per esempio pannelli solari sui tetti?) che potessero rendere il sito un po’ più indipendente e le bollette un po’ meno care.
Tornando all’Onda: valorizza anche il porto?
Anche se il mosaico per ora non arriva direttamente sul sito, è vero. L’Onda è lunga 33 metri per 54 metri quadrati ed è costituita da una tonnellata di tessere musive in vetro veneziano. In una ipotesi futura potrebbe crescere e diventare un’opera da guinness, arrivando fino alla basilica che dista 600 metri, o addirittura fino all’antico porto, percorrendo a questo punto un tragitto di 2,5 chilometri. Una delle possibilità è chiedere ai mosaicisti di intervenire gratuitamente mettendo loro a disposizione tutto il materiale necessario. Come ha affermato Fioravanti, ”l’opera nasce per raccogliere due peculiarità del territorio, l’acqua e il mosaico. Quest’onda, che identifica Classe e la sua storia, fluisce dal museo e ha il compito di accogliere e accompagnare il visitatore durante la sua scoperta della città e dei suoi resti”.
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